Convivere con il virus. Sperando che a scuola…

 

E così siamo passati dai tricolori sul balcone agli insulti ai runner, dall’insofferenza per le troppe restrizioni alle critiche per chi non porta la mascherina, dai piagnistei per la perdita del lavoro alle vacanze a Ibiza, dal far la spesa in fila distanziati ai balli di gruppo in discoteca, dalle multe agli anziani negli orti alle partite a racchettoni.

Quanti paradossi, incoerenze, assurdità si sono viste e sentite durante questi mesi di epidemia. Con al centro, quasi sempre, la stampa, noi giornalisti, dai grandi quotidiani nazionali all’ultimo dei siti internet locali. Accusati un po’ di tutto sui social, dal nascondere i morti fino alle recenti più feroci critiche, quelle di fare dell’allarmismo, se non del vero e proprio “terrorismo”, come ha scritto qualcuno anche sulla nostra pagina Facebook in questi giorni per aver semplicemente pubblicato l’appello dell’Ausl a fare il tampone, rivolto a coloro che erano stati in una serata considerata a rischio in discoteca.

E sono sempre di più, anche fuori dai social, quelli che credono che si stia esagerando, con questo Covid. Ma poi, a pensarci bene, cresce ogni giorno anche la squadra di quelli che si stanno preparando a un nuovo lockdown al grido di “mascherine o moriremo tutti”, o qualcosa del genere. Quello che pare mancare, banalmente, è invece un po’ di equilibrio. Lo sapevamo, lo hanno ripetuto a destra e a manca, che questa sarebbe stata la fase di convivenza con il virus. E quindi non ci si dovrebbe allarmare poi troppo se i contagi, come sta succedendo, crescono. È normale, era prevedibile, il virus esiste. Ma i dati vanno analizzati. E allora ben vengano i giornalisti che diffondono i bollettini con i dati dei contagi, certo, ma anche quelli dei tamponi (così da poter verificare come la percentuale di positivi sia molto più bassa rispetto ai tempi del lockdown), dei ricoveri (al momento pochi), dei pazienti in terapia intensiva (al momento pochissimi), di quelli in isolamento a casa senza praticamente sintomi (che in EmiliaRomagna sono il 95 percento del totale).

Ecco che analizzando bene i dati si può provare a pensare davvero di convivere con il virus, senza isterismi e allo stesso tempo senza ignorarne l’esistenza, con tutte le accortezze. Continuando però a riprendere pian piano a vivere come si faceva prima del virus.

Come ai tempi delle scuole aperte, per esempio. Ecco, la scuola: l’impressione è che questi mesi siano passati quasi invano. Tutto è ancora molto vago, incerto, indefinito. E convivere (appunto) con il virus, in aula, non sarà affatto semplice. Ma forse siamo solo i soliti disfattisti e al suono della prima campanella dovremo ricrederci e fare i complimenti a tutti…

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