Il caso dell’Isia di Faenza

Succede che a Faenza, al­l’Istituto Superiore per le Industrie Artistiche, più co­munemente noto come Isia, a un bando pubblico per l’assegnazione di una cattedra annuale in Antropologia culturale, per un contratto di appena 4.800 euro lordi all’anno, si presentino cinque persone.

Tra di loro c’è anche Marinella Paderni – direttrice dello stesso istituto faentino dall’1 novembre del 2016 e insegnante proprio di Antropologia culturale all’Isia dal 2013 – finita alla gogna un po’ in tutta Italia per essersi di fatto auto-assegnata il posto, essendo pure presidente della commissione esaminatrice del concorso (anche se temporaneamente sostituita, per evitare presumibilmente ulteriori imbarazzi, al momento della valutazione dei titoli dei candidati).

Per continuare a insegnare Antro­pologia nella “sua” Isia, sicuramente in buona fede, le deve essere sembrato normale (in attesa di argomentazioni più dettagliate e convincenti, al momento di andare in stampa ancora non inviate ai media) partecipare al bando in cui era presidente di commissione nell’istituto che dirige. Forse per questa prassi, molto accentuata a Ravenna e dintorni evidentemente, di considerare i bandi pubblici una sorta di formalità, da non prendere troppo sul serio, un mero atto formale per evitare ricorsi o polemiche. Basti pensare a incarichi esterni assegnati, selezioni per i dirigenti, le convenzioni culturali, eccetera eccetera.

Un merito però, almeno, il caso di Faenza ce l’ha avuto, quello di portare all’attenzione di molti che nemmeno ne conoscevano l’esistenza il tema degli Istituti Superiori delle Industrie Artisti­che, nati come sperimentazione (nel campo del design, della grafica e dell’editoria) negli anni Setttanta e da allora mantenuti sperimentali «senza una dotazione organica stabile, senza una legislazione che consenta un minimo di stabilità, con risorse finanziarie e professionali adeguate», scrive la Cgil in questi giorni convulsi per Faenza. Istituti in attesa da18 anni di vedere compiuta la riforma sull’Alta Forma­zione Artistica che li avrebbe dovuti allineare al sistema universitario e dove – visto anche il bando dell’Isia – la precarizzazione è la regola.

Se di “scandalo” si tratta, speriamo serva almeno a metter mano anche a questa cronica trascuratezza.

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