Un coro di rifugiati che diffonde il messaggio di Bob Marley

Tutto è cominciato a Lugo: Jack Manzoni fu chiamato a suonare in una struttura e i ragazzi siriani e africani cominciarono a intonare le canzone del re del reggae

ManzoniHanno aperto lo Spiagge Soul Festival, sabato 14 luglio, al bagno Peter Pan di Marina di Ravenna, con un messaggio che di questi tempi supera ampiamente i confini dello spettacolo e diventa sociale, se non politico. Giacomo, in arte Jack, Manzoni è un musicista lughese che all’attività della sua band Jack Guitar Manzoni da un paio di anni affianca un progetto piuttosto originale che coinvolge ospiti delle strutture di accoglienza per richiedenti asilo.

Tutto è cominciato, ci racconta, un paio di anni fa quasi per caso: «Fui chiamato a fare un concerto in una delle strutture a Lugo, e ho portato il mio repertorio, che è soprattuto quello reggae e in particolare tratto da Bob Marley. C’erano ragazzi siriani, ma anche molti africani, erano arrivati attraverso la Libia. E mentre suonavo, hanno cominciato a cantare ed è stata una bella festa. Tra loro non si conoscevano perché erano arrivati da poco, è stato un modo per conoscerci».

Da allora, grazie al contributo e alla collaborazione del Cefal nella Bassa Romagna e della cooperativa Camelot a Ravenna (le realtà che hanno vinto i rispettivi bandi per la gestione dell’accoglienza), sono partiti due progetti paralleli nel territorio. Una volta alla settimana, Jack riunisce chi vuole partecipare: «A Lugo ci troviamo a casa mia, a Ravenna invece al Quake, facciamo le prove e poi magari gli offro una pizza e parliamo un po’, stiamo insieme. Credo che a loro faccia bene soprattutto dal punto di vista psicologico. Sono ragazzi che hanno una gran voglia di riscatto, di dimostrare quanto valgono, ma che si trovano a vivere in questi centri, senza soldi, in attesa di sapere se otterranno o meno il permesso ed è normale che ogni tanto siano un po’ giù di morale». In tutto, sono una trentina le persone coinvolte, in una situazione in costante movimento perché può capitare che alcuni siano trasferiti ma soprattutto perché tutti loro stanno aspettando l’esame della commissione che deciderà del loro destino.

Peraltro alla commissione possono mostrare anche l’attestato di partecipazione al progetto musicale, a dimostrare un impegno e una volontà di integrarsi e partecipare attivamente alla vita sociale. «Però c’è un gruppetto – dice Manzoni – con cui ci troviamo da tempo, sono quelli che naturalmente ci credono di più. Anche se naturalmente quando ci chiamano a fare concerti, non tutti possono esserci sempre, comunque riusciamo sempre a essere in un bel gruppetto, è un bel momento».

A tenerli uniti c’è anche il fatto che suonano Bob Marley: «In Africa è molto più di un musicista, è un riferimento culturale e spirituale, lo conoscono tutti, si può dire che lo studino a scuola…» E così quello che si ascolta in un concerto di Jack Manzoni e il coro dei rifugiati è appunto un repertorio del grande musicista giamaicano dove le parti in genere interpretate dalla tre coriste della sua band sono state riadattate per voci maschili e sono appunto interpretate dai «ragazzi», come li chiama Manzoni. Non solo, ci saranno anche interventi rap con testi originali elaborati durante le ore di prove. E anche qualche inserto di danza. Uno spettacolo che appunto è andato in scena al Peter Pan sabato 14, dove è già stato lo scorso anno, e a Forlì il giorno prima mentre lo scorso anno si sono esibiti anche davanti al pubblico del Festival delle culture di Ravenna.

Ma in questo periodo di odio social e non solo e razzismo dilagante, quello che sta facendo il musicista lughese potrebbe non piacere a tutti. «Sì, lo so, parlo spesso con loro e discutiamo di queste questioni. Io non voglio spingermi a dare giudizi, penso solo che questo fenomeno, l’immigrazione, stia accadendo adesso perché c’erano tutti i presupposti per cui dovesse accadere, è un nodo che viene al pettine. Quello che possiamo fare noi come italiani e europei è cercare di risolvere questa cosa nella maniera più pacifica possibile, dando la possibilità a queste persone di migliorare la loro condizione di miseria, che per secoli ha fatto comodo a tanti di noi. Ognuno è libero di credere nei suoi metodi e principi. Noi, in fondo, facciamo solo musica e crediamo nel messaggio Bob Marely, in un mondo che metta insieme tutti, da dovunque vengano, pacificamente. È quello che deve succedere e che succederà, il movimento e l’esodo di persone che stanno peggio di te c’è sempre stato, non sarà Salvini o qualcun altro a fermarli».

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