Parla Simone Montedoro, da “Don Matteo” allo spettacolo di beneficenza di Lucè

Il noto attore atteso il 25 marzo all’Alighieri: «Apriremo il vostro cuore»

Montedoro Ruocco

Simone Montedoro con Laura Ruocco

Tra i protagonisti de La casa di famiglia, lo spettacolo di solidarietà organizzato dalla Fondazione Lucè lunedì 25 marzo al teatro Alighieri di Ravenna, c’è anche Simone Montedoro, attore che ha debuttato in teatro oltre vent’anni fa ma che è noto al grande pubblico soprattutto per aver ricoperto il ruolo del capitano dei carabinieri in Don Matteo, tra le più popolari fiction televisive italiane di sempre. Lo abbiamo intervistato.

19 03 07 Spettacolo Fondazione Lucè La Casa ..Simone, conosci la Fondazione Lucè?
«Me ne ha parlato Laura (l’attrice, coreografa e ballerina Ruocco, tra i protagonisti insieme a Montedoro dello spettacolo e presidente della fondazione, ndr) e penso che riuscire ad abbinare intrattenimento e solidarietà sia il massimo. Con questo spettacolo tra l’altro non è la prima volta che facciamo beneficenza, anche perché penso si presti bene ad aprire il cuore delle persone: si piange, si ride e dopo il finale la gente credo sia maggiormente predisposta a fare del bene…».

Il gruppo che sta portando in giro questo spettacolo è già stato protagonista di Finché giudice non ci separi, passato a Ravenna sempre con la Fondazione Lucé e poi diventato anche un film. Come è nato?
«Il progetto è nato al Teatro Golden di Roma (dove lavora la stessa Ruocco, ndr) grazie semplicemente a una grande intesa e alla voglia di fare. Con l’obiettivo in particolare di portare messaggi positivi, affrontando temi pesanti con la leggerezza della commedia, grazie poi alla scrittura perfetta in questo senso di Andrea Maia, Vincenzo Sinopoli e dei fratelli Augusto e Toni Fornari».

Il teatro rappresenta per te ancora il primo amore?
«Non mi piace troppo fare differenze. Io amo questa professione in generale, amo fare l’attore, utilizzando codici di comunicazione diversi. Il problema è che sempre in meno vanno a teatro e sono diminuite anche le persone che vanno al cinema: la verità è che il nostro compito dovrebbe essere quello di stimolare la gente ad alzarsi dal divano, a uscire e ad abbandonare le piattaforme digitali».

Vero è che il tuo successo è figlio soprattutto della tv e di “Don Matteo”. Che rapporto hai con il successo?
«Certo è un piacere essere riconosciuto per strada, ma l’Oscar più grande per un intrattenitore, come mi considero, è quello di guardare negli occhi una persona che ti ringrazia per averle tenuto compagnia, per averle regalato momenti felici, sapere di essere entrato nei cuori della gente».

Nella tua carriera c’è un prima e un dopo “Don Matteo”? È stato difficile ripartire per altri progetti?
«Prima di tutto devo dire che ho avuto una gran fortuna a lavorare con un cast di così alto livello come quello di “Don Matteo”, di vivere quell’energia. Poi si apre un discorso complesso, che è più un problema degli addetti ai lavori, che tendono a “ghettizzare” un attore in un determinato ruolo, come se invece non fosse insito proprio nella professione la capacità di trasformarsi di continuo in un personaggio differente. Per questo non è bello continuare a essere considerato da alcuni addetti ai lavori solo il capitano dei carabinieri».

Progetti futuri?
«Quest’anno esce al cinema il film di Luciano Luminelli Come fratelli, di cui sono protagonista insieme a Stefano Pesce. Un film sull’amicizia, che è uno dei rapporti più complicati della vita: l’obiettivo è presentarlo al prossimo Festival di Venezia. E poi ci sono nuovi progetti teatrali, di cui però non posso ancora parlare…».

Ti sei fatto notare al grande pubblico non solo come attore, ma anche come concorrente di Ballando con le stelle o come inviato Rai all’ultimo Festival di Sanremo. Resteranno occasioni isolate?
«Diciamo che mi piace spaziare in vari campi e mettermi in discussione su tutto, perciò sono disposto a considerare qualsiasi proposta…».

Stupito delle polemiche che hanno caratterizzato l’ultimo Sanremo, visto che eri lì?
«Diciamo che è un altro mondo. Ma Sanremo non deve essere un varietà e neppure una tribuna politica, deve essere il festival della canzone italiana, e credo che Baglioni abbia svolto il suo ruolo nel modo migliore. Le polemiche, i diverbi, dovrebbero essere smontati sul nascere, invece si cerca sempre di montare casi ad arte».

La Fondazione Lucè di Ravenna, dal 2003 impegnata per migliorare la vita dei malati di cancro e delle loro famiglie, organizza una serata di beneficienza con il patrocinio del Comune. L’appuntamento è per lunedì 25 marzo, alle 21, al Teatro Alighieri con lo spettacolo “La casa di famiglia”. La commedia racconta la storia di quattro fratelli molto diversi tra loro, Giacinto, Oreste, Alex e Fanny, alle prese con la vendita della casa dove sono cresciuti, vuota da due anni perché il padre è in coma. Un evento inaspettato rimescola le carte e riserva tante sorprese e colpi di scena divertenti, rivelando anche emozioni e sentimenti in cui tutti possono identificarsi. Dalla stessa commedia è stato tratto un film uscito nelle sale italiane nel novembre 2017. Lo spettacolo è l’occasione per raccogliere fondi per l’acquisto di un ecotomografo da donare al Centro di prevenzione oncologica dell’ospedale di Ravenna che consentirà diagnosi sempre più precise e tempestive per la prevenzione dei tumori al seno. Ogni anno il Cpo effettua ben 18mila mammografie e screening. Per informazioni e acquisto dei biglietti (27 euro intero e 20 euro ridotti) rivolgersi a: Fondazione Lucè 366 4916411, Biglietteria Teatro Alighieri 0544 249244 (dal lunedì al sabato dalle 10 alle 13 e giovedì dalle 16 alle 18).

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