Il sindaco e l’immigrazione: «Pensiamo a una “civil card” per i bambini nati qui»

De Pascale: «Da un paese di emigrati come il nostro mi aspetto più strumenti culturali per capire il fenomeno».

Sindaco In PiazzaTema cruciale dell’ultima campagna elettorale, sventolato un giorno sì e l’altro pure dal nuovo ministro dell’Interno Matteo Salvini della Lega Nord quasi fosse l’unica emergenza nazionale, l’immigrazione continua a restare al centro dello scenario politico.

Pubblichiamo on line l’intervista al sindaco De Pascale già pubblicata sul numero del 7 giugno del nostro settimanale cartaceo – alla vigilia del Festival delle Culture, nel corso del quale ha come ormai noto preso posizione sul caso Aquarius – e all’indomani del suo post su Facebook in cui scriveva «che passeremo alla storia per esserci voltati dall’altra parte, per aver assistito ignavi a bambini, donne e uomini affogati nel nostro mare».

Sindaco, perché una presa di posizione così forte proprio in questi giorni?
«Perché penso sia un tema rilevante e che ci sia una parte molto rumorosa che sta diffondendo disvalori: c’è bisogno di una provocazione culturale perché stiamo invertendo le vittime con i carnefici. Vogliamo far passare per colpevole chi scappa dalle guerre o dalla fame. Da pronipote di un italiano annegato sulla Duca d’Abruzzo nella traversata dell’Atlantico, mi aspetto da noi italiani strumenti culturali diversi da tutti gli altri, visto che noi siamo emigrati nel mondo».
E però tra le prime dichiarazioni del neo ministro Salvini c’è stato l’apprezzamento per il suo predecessore, Marco Minniti, che appartiene al suo partito…
«Pur apprezzando parte del complesso lavoro svolto dal Ministro Minniti e anche il suo piglio, sicuramente necessario, non ho mai nascosto che non mi è piaciuto il fatto che troppo spesso il tema della sicurezza sia stato associato, in un modo o nell’altro, a quello dell’immigrazione. Una scelta politica che peraltro elettoralmente non paga».
Non ha pagato il Pd, non è forse altrettanto vero per altre forze.
«In realtà le uniche due forze che avevano una posizione netta e precisa sul tema, ossia Lega e Fratelli d’Italia, in tutto hanno preso il 22 percento. Le altre forze, direi tutte, sono state meno chiare. Io credo che invece bisogna avere il coraggio di fare una battaglia in questo senso e tentare di cambiare i termini del dibattito, anche se si ha la sensazione di essere una minoranza. A Ravenna vivono, a seconda di come li vogliamo considerare, tra i 15 e i 20mila cittadini stranieri, i richiedenti protezione internazionale sono appena 400, bastano questi numeri a capire che c’è tanta gente che fa della bassa demagogia…»
Ma Ravenna è una città accogliente?
«In questi due anni da sindaco ho assistito a una pantomima della Lega Nord a Marina Romea e null’altro. Mi sento di dire che Ravenna vive nel suo tempo, non è egoista e non è incapace di accogliere. Ma questi valori vanno coltivati giorno dopo giorno, non sono iscritti in nessun Dna, ci vuole la pazienza di spiegare, smontare pregiudizi e parlare alle coscienze. Purtroppo oggi tra i grandi leader mondiali che parlano di integrazione e convivenza ci viene in mente Papa Francesco e forse nessun altro. E credo che chi riveste un ruolo pubblico e politico debba fare il possibile in questo campo».
Il nuovo regolamento di polizia municipale così come è stato anticipato, con misure come il Daspo per i mendicanti, non rischia però di penalizzare proprio chi è ai margini e, tante volte, straniero?
«Il nuovo regolamento di polizia municipale, di cui purtroppo si è parlato molto ancora prima che venisse presentata una bozza ufficiale, sarà coerente con l’approccio che ci siamo dati in questi due anni di lavoro. Noi siamo convinti che ci sia lo spazio per un pensiero nuovo antirazzista, umanitario, solidale e allo stesso tempo intransigente verso qualsiasi forma di illegalità o mancato rispetto delle regole. Anche in una città si può provare a dare un contributo a un tema globale, in due anni Ravenna ha preso in gestione l’accoglienza dei profughi e riportato in Comune i Servizi Sociali e al contempo ha sconfitto l’abusivismo in spiaggia e riportato legalità agli Speyer. Ha aumentato l’organico degli Assistenti Sociali e della Polizia Municipale».
Dall’opposizione arrivano sollecitazioni a fare distinzioni per esempio nell’allocazione delle risorse di contrasto alla povertà privilegiando chi risiede da più tempo nel territorio. Misure che vadano in questo senso potranno rientrare nelle scelte del Comune?
«Mai. Un conto è la questione delle case popolari, dove la residenza deve essere un requisito per poter programmare scelte e investimenti e si deve disincentivare il rischio di trasferimenti ad hoc dai comuni limitrofi. Un conto è la vita quotidiana: come potrei andare in una scuola a spiegare che Mario può, per esempio, giocare a calcio grazie ai contributi del Comune mentre i suoi amici Abdul, Fatima o Giovanni, non possono farlo perché abitano qui da troppo poco tempo? Inoltre, recenti sentenze che si rifanno all’articolo 3 della Costituzione stanno bocciando provvedimenti discriminatori di questo genere. Per ora il risultato è Art.3 1 – Salvini 0».
Per quanto riguarda la gestione dei richiedenti asilo, siamo a un anno da quando il Comune ha preso la gestione diretta dei Centri di accoglienza. Come vanno i numeri? Ci fa un primo bilancio di questa esperienza?
«I numeri sono in calo anche qui, ma stanno calando quelli che ancora erano rimasti direttamente in capo alla Prefettura, che attualmente sono 119. Il Comune continua ad avere a disposizione 350 posti in diverse piccole strutture dislocate sul territorio oltre ai posti dello Sprar (in totale attualmente ci sono 401 persone accolte di cui oltre 80 nello Sprar, ndr). Quest’ultima è l’esperienza da privilegiare per la completezza dell’offerta ai richiedenti asilo e la nostra intenzione è proprio quella di poter aumentare i posti di questo progetto. Intanto cerchiamo comunque di sviluppare per tutti progetti di educazione al lavoro e di volontariato, forme di collaborazioni, corsi di inserimento perché sappiamo che ci sono interi settori dove l’offerta è superiore alla domanda. Da qui le collaborazioni ad esempio con gli enti di formazione professionale. Poi ci sono progetti come quello che riguarda le pulizie delle pinete che credo rappresentino anche per questi ragazzi un’occasione per esprimere la loro gratitudine a chi li ha accolti, garantendo un loro diritto».
Li “educhiamo” come se ci aspettassimo che poi resteranno qui. Mentre sappiamo che quasi la metà rischia di non ottenere il permesso…
«Il problema a monte è che la normativa è sbagliata. Perché sono stati bloccati i flussi per lavoro e l’unico modo per arrivare oggi in Italia è attraverso la richiesta di protezione internazionale. Ma vorrei ricordare che anche gli italiani emigrati non scappavano quasi mai dalla guerra, ma dalla fame. Con queste norme si produce clandestinità, i rimpatri sono difficili e costosi e chi resta diventa “clandestino” e costretto al lavoro nero».
A proposito di leggi, lei si era detto favorevole allo ius soli, che alla fine non è stata votata e che ormai non sarà di certo messa in calendario. A Ravenna, nel mandato precedente, si era votato un odg della maggioranza per dare la cittadinanza onoraria ai bambini figli di stranieri nati a Ravenna. Pensa di dar seguito a quell’impegno?
«Per la verità stiamo pensando a una formula diversa già adottata in altri Comuni, che è quella della cosiddetta “civil card”, un attestato di appartenenza alla nostra comunità. La cittadinanza onoraria comporterebbe nel tempo delle difficoltà nel tenere monitorati questi cittadini una volta adulti per verificare la loro onorabilità. Questo nuovo strumento ci pare quindi più adeguato. E non c’è bisogno di dire che naturalmente tutti i bimbi che nascono qui avranno il kit (un libro e agevolazioni in diversi esercizi commerciali, ndr) per i nuovi nati, per esempio. Il punto è dar loro un segnale per far capire che fanno parte di questa comunità, che questa comunità è anche la loro. Un modo per rispondere a quella bambina che, in una classe, mi chiese se la “Repubblica” di tutti di cui stavo parlando fosse cosa anche sua, nata qui da genitori stranieri».
Nel programma elettorale parlava di una cerimonia in Comune per chi acquisisce la cittadinanza italiana, si farà?
«Sono più di mille all’anno e stiamo studiando come rendere questo momento più umano e meno burocratico senza però generare ulteriori ritardi a una procedura che già oggi presenta tempi vergognosi. Non solo donare una copia della Costituzione e una bandiera italiana ed europea, ma credo sia un dovere soprattutto far percepire a chi diventa italiano che questo è un momento importante per tutta la comunità».

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