Lega, l’ex deputato Pini: «Bravo Matteo, ora via i segreti di Stato»

Gianluca Pini, presidente della Lega Nord Romagna, commenta i primi due mesi di governo e promuove a pieni voti il viepremier Salvini

Gianluca Pini

Gianluca Pini

Residente a Fusignano, da 27 anni nella Lega Nord, per 12 anni parlamentare, nonostante la sua nota linea politica di minoranza all’interno del partito (che voleva mantenere un forte radicamente nel Nord e temi di stampo federale al contrario della strategia adottata da Salvini), in molti si aspettavano per Gianluca Pini un ruolo al governo, magari nel campo internazionale dove aveva maturato un’esperienza importante. «Con un ministro come Moavero, il ruolo dei sottosegretari diventa più tecnico che politico, non avrebbe avuto senso, e poi non ho bisogno di poltrone per far politica». E dunque, non c’è da sorprendersi che, per la prima volta dopo anni, Pini, presidente della Lega Nord Romagna, non è stato sul palco della festa di Cervia. Ma se ha lasciato le prime linee, non ha appunto abbandonato la politica e  resta coerente con le idee di sempre: «Continuo a pensare che la questione settentrionale sia cruciale, del resto anche il voto del 4 marzo che ha mostrato come ci siano due Italie». A due mesi dall’insediamento del governo si inizia peraltro a parlare di un certo disagio dell’imprenditoria del Nord Est che ha votato Lega per ragioni soprattutto economiche, il piano su cui l’azione di governo appare più debole. «C’è un certo risentimento, è vero, ma anche ancora molto entusiasmo. Personalmente sono preoccupato dai numeri, che non sono buoni e questo non si può certo imputare a responsabilità nostre: negli ultimi dodici anni siamo stati al governo solo tre. Sono convinto però che qualcosa in termini di equità e pace fiscale sia possibile fare, al contrario del cosiddetto reddito di cittadinanza, esperimento già fallito altrove che cancella ogni principio di meritocrazia. È vero però che al Nord, vero motore economico del paese puoi forse far digerire un decreto dignità all’anno, ma non due…». Forse non a caso, Salvini ha scelto proprio questo palco per annunciare in autunno una «rivoluzione fiscale». Pini sembra avere qualche perplessità anche su questa alleanza tra due forze che dice, purtroppo, non sono «complementari». «Il dossier Ilva gestito da Di Maio, per esempio, può essere il suo più grande successo politico ma anche un enorme caos e danno per il paese…».

Promuove, pur essendo stato appunto un avversario interno all’ultimo congresso, a pieni voti il lavoro fatto da Matteo Salvini a cui riconosce una «strategia impeccabile» sia sul piano dei contenuti sia su quello della comunicazione. «Interpreta il ruolo in modo fortemente politico e se vuoi fare il governo del cambiamento per forza devi unire elementi di rottura all’azione ordinaria. E le reazioni scomposte da parte di avversari dimostrano che è sulla strada giusta». Il riferimento ovviamente è a realtà come Famiglia Cristiana o Rolling Stone. E l’emergenza razzismo? «Nessun dato la dimostra, purtroppo la tensione sociale data dall’eccessiva presenza di immigrati non è di oggi. Oggi però i giornali danno un rilievo senza precedenti. Il punto è in questo momento l’unica opposizione che esiste è quella mediatica ed extraparlamentare, data la debolezza di Pd e Fi in Parlamento».
Che in questo momento l’unico partito a dare davvero prova di forza sia la Lega, anche all’interno del governo è in effetti un dato su cui tutti i commentatori concordano. «La ragione è semplice – spiega Pini – a differenza dei Cinque Stelle la Lega ha una classe dirigente preparata e cresciuta negli anni, che non si può improvvisare. Credo che sia stato anche questo a spingere Matteo, alla fine, a fare l’accordo di governo con loro accettando un premier scaltro, ma neutro che gli ha permesso di primeggiare».

Ma la Lega sta cambiando definitivamente anima? Cosa c’entrano, per esempio, le «istanze del Nord» tanto spesso evocate da Pini con questioni come i Crocifissi obbligatori anche in porti o in aeroporti o le esternazioni del ministro Fontana sulle famiglie arcobaleno? «Ben poco, anche se la questione identitaria delle radici cristiane ha sempre fatto parte del nostro Dna, ma da un punto di vista culturale e non confessionale. Abbiamo sempre detto che poi chiunque nella camera da letto è libero di fare ciò che vuole. Ho l’impressione che il mio amico Lorenzo Fontana voglia forse alzare un po’ l’asticella, in politica succede». E Pini relativizza anche altri segnali lanciati proprio in questi giorni da Salvini, in particolare la citazione di Mussolini o l’abbigliamento che fa l’occhiolino all’estrema destra. «Matteo lo conosco da quando frequentava il Leoncavallo, di lui si può dire tutto fuorché sia razzista. E io credo che con questi messaggi lui stia in realtà un po’ giocando con la stampa, di fronte a una polemica, invece di stemperarla, preferisce prendere un po’ per i fondelli chi la alimenta».
Ma la stoccata politica Pini la tiene per la fine «da questo governo a trazione Leghista mi aspetto una rivoluzione soprattutto in termini di pace sociale con il passato: togliere il segreto di stato su Ustica e la strage del 2 agosto a Bologna sarebbe il segnale più schietto di onestà rispetto agli scheletri che un paese si trascina da troppo tempo. E Matteo può farlo».

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