La banda aveva kg di droga e armi «Affari da 400mila euro al mese»

Chiuse le indagini sul gruppo della Jaguar: in totale 23 indagati Il questore: «Per comandare usavano intimidazioni e violenza»

Chissà se la chiromante, cui si era rivolto per conoscere l’andamento dell’attività e avere notizie sul futuro, aveva previsto al boss della banda della Jaguar che sarebbero finiti in manette in otto e altri quindici indagati. L’inchiesta giudiziaria ribattezzata Black Magic, ispirandosi proprio alla circostanza della chiromanzia, si è conclusa ieri 18 marzo con la notifica degli avvisi di conclusione indagine a 23 persone (8 di queste erano già state arrestate nei mesi scorsi in diverse circostanze applicando misure di custodia cautelare). Il core business del presunto sodalizio criminale era lo spaccio e per portarlo avanti era attrezzati con diverse armi, anche automatiche, dimostrando almeno a parole anche una facile predisposizione a utilizzarle.

«Complessivamente sono stati sequestrati oltre otto chili di cocaina, ricostruite cessioni per diverse decine di chili di droga, e recuperati oltre 130mila euro di contanti frutto dell’attività criminale», riassume il dirigente della squadra mobile Nicola Gallo. «La pericolosità del gruppo – ha messo in evidenza il questore di Ravenna, Mario Mondelli – è da mettere in relazione alla disponibilità di armi clandestine e alla volontà di volersi ritagliare un ruolo egemone nella provincia grazie all’intimidazione e alla violenza. Un volume di affari impressionante che poteva portare ad un fatturato di oltre 400 mila euro mensili». Quella condotta dalla direzione distrettuale antimafia di Bologna con il supporto della procura di Ravenna (sostituti procuratori Enrico Cieri e Monica Gargiulo) va quindi considerata una delle più vaste operazioni antidroga svolte recentemente nella zona. L’indagine sarebbe riuscita a dimostrare numerosi episodi di spaccio, traffici e flussi di droga commessi dall’associazione per delinquere che coinvolgeva le province di Ravenna, Forlì e Rimini. Contestualmente alla notifica degli avvisi di fine indagine, la polizia ha effettuato una raffica di perquisizioni sequestrando documenti e materiale che gli investigatori hanno ritenuto d’interesse per le indagini.

Una brusca interruzione all’attività del sodalizio criminale è stata inferta grazie all’arresto del 15 novembre 2014 del 65enne Valter Serratore, perché deteneva in un appartamento, utilizzato con una donna, diversi chili di cocaina. L’attività investigativa e i servizi di osservazione della Polizia, che da tempo lo seguiva, avevano fatto scattare la perquisizione: il ritrovamento della droga ha consentito di chiudere il cerchio e fermare uno dei referenti principali del gruppo. Successivamente, i suoi complici, pensando che l’attività della squadra mobile fosse il frutto di una soffiata e non di una approfondita indagine che li aveva ormai individuati tutti, hanno fatto scattare una ritorsione compiuta con un’aggressione armata, non andata a buon fine grazie al pronto intervento della polizia di Stato, che è poi riuscita a ritrovare l’arma da utilizzare per l’agguato.

La pericolosità del gruppo criminale, che disponeva di altre armi, anche automatiche, determinava l’intervento degli investigatori della polizia di Stato anche all’alba del 25 novembre 2014 eseguendo d’iniziativa il fermo di indiziato di delitto diversi altri componenti della banda; grazie a quella operazione furono poi sequestrate altre armi custodite da un ravennate, scelto dal boss per questo ruolo in quanto incensurato ed insospettabile.

Nell’ambito dell’attività investigativa ad ampio raggio un’ultima azione è stata messa a segno la mattina del 23 febbraio 2015, aquando gli investigatori ravennati hanno deciso di controllare a Rimini un albanese, operaio incensurato insospettabile. Il blitz poi scattato nel deposito di droga ha consentito l’arresto dell’albanese ed il sequestro di circa quattro chili di cocaina e la somma di circa 90mila euro in contanti.

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