Il sindaco: «Dobbiamo agire con tutte le precauzioni necessarie, ma senza fobia»

Il commento di De Pascale alla vigilia delle prime riaperture. «Oggi sappiamo più cose sul virus. I cimiteri? Spero si possano aprire presto»

DE PASCALE

Michele de Pascale a Ravenna il 20 marzo durante il minuto celebrato dai sindaci di tutta Italia per le vittime del Covid-19

Il conto alla rovescia per la fine del lockdown è iniziato, si comincia già domani, 27 aprile, con l’apertura di alcune attività  in anticipo rispetto alla data originaria del 4 maggio, tra queste c’è il cibo da asporto, per esempio, o i servizi di toelettatura per cani. Intanto nei giorni scorsi è stata data la possibilità di andare a curare l’orto, purché si trovi entro il proprio territorio comunale e prima ancora erano state aperte le librerie. Non c’è più il divieto di andare in spiaggia o in pineta per chi vive nelle prossimità. Qualcosa, insomma, si muove. Tra le cose che sono ancora chiuse e di cui nessuno parla ci sono i cimiteri, luoghi per alcune persone simbolicamente importanti.

Sindaco, quanto bisognerà aspettare ancora per poter portare un fiore ai propri cari?
«Mi rendo conto che si tratti di un tema importante e sto personalmente facendo pressioni in regione perché si arrivi alla riapertura. Ma è più che evidente che nel momento in cui è stato chiuso tutto ciò che non è urgente, è stato inevitabile includere anche i servizi cimiteriali».

C’entra anche il fatto che l’utenza media è piuttosto anziana, in genere?
«Sicuramente, per quanto io personalmente abbia ricevuto lettere di genitori che ogni giorno da anni si recano al cimitero per mantenere il contatto con i figli, non si tratta quindi necessariamente solo di anziani. Spero davvero che possano essere tra i prossimi servizi ad aprire».

Ma come vedrebbe eventualmente un’apertura in generale dei servizi per fasce di età di cui si sente parlare ultimamente in Italia e all’estero?
«Ho molti dubbi in proposito. Il punto è che finché siamo in una fase pandemica le limitazioni delle libertà personali sono giustificate e giustificabili, nel momento in cui ci si trovasse in un’altra fase con il solo rischio di recidive, credo che allora debba essere progressivamente lasciata alla valutazione personale il quanto cautelarsi».

Effettivamente pian piano, dalle librerie all’asporto agli orti, stanno aumentando le occasioni per uscire di casa e si va in quella direzione. Anche se il contagio non è arrivato allo zero, per quanto nella nostra provincia la situazione sia in chiaro e netto miglioramento, siamo anzi quella che sta andando meglio…
«Sì, è vero perché da tempo i nuovi contagi si riferiscono solo a tre situazioni ben circoscritte: le due case di riposo che sappiamo e, purtroppo, il personale sanitario. Ma dobbiamo sapere che finché non ci sarà un vaccino sarà necessario cambiare il nostro modo di uscire e stare fuori. Rispetto alla prima fase è cambiata la consapevolezza del rischio da parte delle persone, e sono materialmente a disposizione i dispositivi di sicurezza personali, come le mascherine. Questo è molto importante. Il punto è che per avere un rischio zero dovremmo stare ognuno isolato dall’altro, dobbiamo invece ragionare in termini di contenimento del rischio».

Cosa  abbiamo imparato, per esempio?
«Abbiamo visto che non si è verificato praticamente nessun contagio nei supermercati, con le modalità adottate di sicurezza. O, dopo la prima fase, nelle fabbriche che per necessità, come quelle della filiera alimentare, sono rimaste aperte. Ora alcune delle misure adottate lì e che si sono rivelate efficaci potranno essere trasferite alle realtà che stanno per aprire».

È alla luce di tutto questo che lei si è distinto per la proposta di aprire le scuole materne a Ravenna, neanche fossimo in Danimarca? Si è addirittura conquistato un titolo di giornale che la definisce “sindaco femminista”.
«Confermo, l’ho fatto leggere a mia moglie… Scherzi a parte, ribadisco che credo sia possibile farlo in sicurezza, è un elemento su cui ho spinto nella conferenza nazionale e che ribadirò oggi stesso. Dobbiamo porci il tema per il benessere dei bambini, per cui questa situazione può essere molto dannosa dal punto di vista del benessere psicofisico come testimoniano i pediatri, e anche per facilitare il lavoro femminile e non fare passi indietro su questo tema».

Crede di avere le insegnanti e le maestre dalla sua parte?
«Naturalmente tutto sarà fatto con i massimi criteri di sicurezza per le persone che lavorano, principio cardine di qualunque riapertura, anche se a oggi va detto che, nel nostro territorio, non è ancora stato registrato un solo caso in cui un bambino abbia infettato un adulto, ma solo viceversa. Ovviamente ancora, non possiamo escludere che possa accadere. Apriremo a breve dei tavoli tecnici per capire come procedere».

Un po’ di preoccupazione è lecita se pensiamo alla prossima stagione turistica. Si vocifera di “vacanze di prossimità”, questo vorrebbe dire che sul nostro territorio potrebbero arrivare persone dalle aree oggi più colpite, con numeri ben diversi dai nostri. Non è un pericolo?
«Si tratta di un rischio reale, inutile negarlo. Noi avevamo un curva iniziale che era pari a quella di zone come Bergamo che poi si è interrotta grazie al fatto che sicuramente qui il virus è arrivato in ritardo e a tutte le misure che sono state prese e a cui la popolazione ha risposto con grande senso di responsabilità. Ma come sappiamo il virus non è sconfitto».

Oggi possiamo però dire che alcune misure sono state anche eccessivamente drastiche? I famosi runner hanno mai davvero rappresentato un pericolo?
«Io credo che in una fase emergenziale, nessuno abbia subito danni irreversibili per misure molto stringenti che avevano anche lo scopo di facilitare i controlli. Del resto siamo stati la prima democrazia occidentale a dover affrontare le misure del lockdown. Ora, come dicevo, la situazione è cambiata anche se il rischio non è finito. Dobbiamo muoverci con il criterio della massima precauzione, senza però farci prendere dalla paura o peggio dalla fobia che ci poterebbe all’immobilità».

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