Mostra di foto sui bordelli: 8mila euro dal Comune, l’opposizione parla di degrado

La lista civica “Per la buona politica” chiede di cancellare il contributo per l’iniziativa con gli scatti di Paolo Guerra. L’assessora alla Cultura conferma tutto: «Maggiore è la conoscenza, maggiori sono gli strumenti critici a disposizione»

52565843 2239631482942801 2761297340034711552 OI bordelli sono chiusi da 62 anni, per effetto della legge Merlin, ma a Lugo sono ancora argomento di polemica politica. Succede in questi giorni con la mozione presentata dal gruppo consiliare “Per la buona politica”, lista di opposizione, che chiede la revoca del contributo di ottomila euro  (metà dei costi di produzione) concesso dall’amministrazione all’associazione Lugo Land per una mostra fotografica con gli scatti realizzati da Paolo Guerra tra il 1946 e il 1955 che ritraggono le prostitute delle case di tolleranza della città. La giunta Ranalli rivendica la scelta e non intende fare marcia indietro: la mostra era in programma tra marzo e aprile ed è stata rinviata a data da destinarsi per l’emergenza Covid-19.

Roberta Bravi, capogruppo di “Per la buona politica”, dalle pagine del Corriere Romagna dell’8 maggio critica la scelta dell’amministrazione per due ragioni: la scelta di impiegare una cifra giudicata consistente per una mostra fotografica pur essendo in un momento di emergenza sanitaria e soprattutto il messaggio veicolato da questa iniziativa. Secondo la consigliere comunale di opposizione «è a dir poco degradante sostenere che una mostra di ritratti in un contesto sociale discriminatorio, offensivo e di sfruttamento, possa rappresentare uno spaccato e una valorizzazione della cultura della società lughese e del suo territorio».

La replica arriva da Anna Giulia Gallegati, assessora alla Cultura e alle Pari opportunità: «La mostra fa parte di un percorso dedicato al fotografo lughese Paolo Guerra, iniziato lo scorso anno e curato da Giacomo Casadio e Luca Nostri, che racconta la Lugo uscita dalla Seconda Guerra Mondiale. Le foto che fanno parte della mostra sono documenti storici, oggetto tra l’altro anche di un corso di studi all’Università di Plymouth, a testimonianza del valore di questi materiali. Accostare questa iniziativa culturale a un fantomatico nostro sostegno a reati come la violenza di genere è un’accusa che respingiamo con decisione al mittente. Tanto più considerando il percorso fatto in questi anni dall’Amministrazione a sostegno dei centri anti violenza sulle donne come Demetra, o ai tanti progetti messi in campo per sensibilizzare i giovani e la comunità sui temi di differenza e parità di genere, femminicidio e discriminazione». Gallegati ricorda che la mostra sarebbe stata accompagnata da una conferenza sulla condizione della donna nella storia, con la partecipazione di storici, giornalisti, scrittori e fotografi: «Maggiore è la conoscenza, maggiori sono gli strumenti critici a disposizione di tutti per interpretare la realtà».

Sul gruppo Facebook “Paolo Guerra Fotografo 1913/1981” si trovano già alcune delle foto realizzare nei due bordelli cittadini. In totale sono oltre 400 le immagini scattte alle donne che vivevano in quei luoghi, uno in Via Rocca e l’altro in Via Tellarini. «Le fotografie scattate all’interno del casino hanno un valore particolare – scrivono su Fb i promotori – in quanto era generalmente proibito violare l’intimità del luogo di prostituzione nel quale avvenivano gli incontri. Il fotografo Guerra aveva un rapporto professionale con le tenutarie, che gli consentivano l’ingresso allo scopo di pubblicizzare il posto e far conoscere le prostitute che svolgevano la loro attività. I rapporti fra le prostitute erano di grande cordialità e simpatia, condividendo tutte la triste professione che le teneva lontane dal mondo, dalla famiglia e dalla vita normale a cui tutte aspiravano. Le case fornivano ogni sorta di servizio alla clientela e alle professioniste che vivevano segregate. Lì e solo lì mangiavano, si lavavano, si vestivano e servivano i clienti. Purtroppo il ritmo di lavoro era impegnativo: 12 ore almeno con intervalli per piccole spese e pasti. Solo in alcune ore della giornata, specialmente di mattina, a loro era consentito di uscire per acquistare biancheria intima, profumi o qualche vestito, che poi non veniva mai indossato durante le pratiche di lavoro. Le prostitute non erano persone legate al luogo in cui praticavano perché in genere venivano sostituite ogni quindici giorni e quindi si disperdevano verso altre destinazioni.

 

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