mercoledì
10 Settembre 2025

Sfregiato un altro monumento alla Resistenza: svastica e “saluti” al presidente Anpi

Dopo il sacrario di Camerlona, nel mirino dei vandali il complesso di Giò Pomodoro in città che ricorda l’eccidio del Ponte degli Allocchi con 12 persone impiccate e fucilate nel 1944. Artioli sul posto: «Odio crescente da gente che non sa nemmeno cosa è successo in quei giorni»

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Ivano Artioli

Il monumento alla Resistenza di Ravenna che sorge dove si consumò l’eccidio del Ponte degli Allocchi è stato sfregiato a colpi di vernice spray: simboli nazisti (una svastica e la scritta SS), insulti e un “Ciao Artioli” diretto quasi certamente a Ivano Artioli, presidenteprovinciale dell’Associazione nazionale partigiani (Anpi). L’episodio arriva a distanza di appena tre giorni da un caso simile accaduto al sacrario di Camerlona. Gli autori del nuovo atto vandalico avrebbero colpito nella notte tra il 20 e il 21 febbraio. Il Comune è già operativo per l’immediata pulizia dei marmi della statua firmata da Giò Pomodoro nel 1980 all’incrocio tra via Piave, via Mura di Porta Gaza e via Baldini.

IMG 5272A segnalare il caso è stata una dipendente comunale questa mattina, 21 febbraio, mentre andava al lavoro in municipio. Polizia municipale e Digos sono intervenuti sul posto per i rilievi fotografici. Si andrà ad acquisire le immagini registrate dalle telecamere di videosorveglianza di alcune abitazioni vicine nella speranza che possano restituire elementi utili alle indagini per individuare i colpevoli. Livia Molducci, presidente del consiglio comunale, era a Camerlona a rendere omaggio al cippo dopo la ripulitura e stamani era a Ravenna: «Sembra tutto molto simile. Ieri sera sono passata tornando a casa e non c’era nulla».

Sul posto è voluto andare lo stesso Artioli di persona, colpito in maniera particolare quando ha visto il messaggio al suo indirizzo: «È la prima volta che trovo il mio nome in una situazione del genere. Però non credo volessero attaccare me in quanto persona ma piuttosto me in quanto presidente dell’Anpi, il mio nome è noto come esponente di un’associazione sociale, culturale e civica. È evidente la crescita dell’odio contro questa realtà. Hanno colpito un simbolo davvero della città in tema di Resistenza, ma sono convinto che dietro a questi gesti ci sia un gruppo ristretto di persone che magari non sanno nemmeno cosa rappresenta questo monumento».

IMG 5275E proprio Artioli, di fronte a quei danni, ricostruisce la storia dell’eccidio del Ponte degli Allocchi: «La strage è del 25 agosto 1944: dodici persone, non solo dalla città ma anche da altre parti della provincia, vennerdo impiccate e fucilate in questo punto fuori dalle mura della città, dove sorgeva appunto il ponte degli Allocchi. L’eccidio fu la risposta all’uccisione di uno squadrista noto con il soprannome di “Cattiveria”: una retata in città portò a un centinaio di arresti e si temeva una strage enorme, i tentativi di dialogo riuscirono a ridurre le vittime e alla fine furono uccisi solo quelli della parte più resistente». Tra le vittime figurano Natalina Vacchi, attivista antifascista nella ditta Telaiuta, il barbiere Michele Pascoli che fecava politica in negozio, l’intellettuale Mario Montanari.

Il sindaco Michele de Pascale, insieme al vice Eugenio Fusignani, ha chiesto al prefetto di convocare un tavolo urgente «per rispondere in maniera risoluta al gravissimo oltraggio al monumento, uno dei simboli più importanti della memoria dell’intera nostra comunità. Reagiremo con durezza e metteremo in campo tutte le azioni necessarie a individuare i responsabili e consegnarli alla giustizia. Le indagini sono in corso e le forze dell’ordine sono già in azione».

I pescatori di vongole chiedono un punto di sbarco «per migliorare il lavoro»

Una cooperativa riunisce una cinquantina di soci che riescono a fare non più di 20 kg di mitili al giorno, contro i 150 di un tempo: «Colpa della pesca di frodo che sta distruggendo i fondali». Il paradosso: il Comune consente l’attività ma impedisce di inserire un pontone galleggiante

IMG 5259Con un regolamento il Comune di Ravenna stabilisce il diritto di uso civico per la pesca professionale nella valle Baiona ma al tempo stesso con una decisione della commissione consigliare vieta ai benificiari di quel diritto di realizzare un punto di sbarco per facilitare lo scarico delle vongole e ostacolare i pescatori di frodo, arrivando a una denuncia per abuso edilizio. È la contraddizione che vivono i soci della cooperativa Baiona Viva, una cinquantina di persone che mantengono le rispettive famiglie grazie alla raccolta dei molluschi sui fondali della piallassa. A portare il caso all’attenzione dell’opinione pubblica è stato Alvaro Ancisi, consigliere comunale di Lista per Ravenna che intende proporre una modifica al Regolamento urbanistico edilizio (Rue) che consenta l’installazione di un pontone galleggiante regolarmente registrato al registro navale. Il 28 febbraio è in programma la prossima riunione della commissione che dovrà esprimersi sull’emendamento firmato dal decano dell’opposizione.

Luigi Lauro è vicepresidente della cooperativa e racconta le difficoltà quotidiane, sue e dei colleghi: «Anni fa chi rispettava le regole poteva arrivare a fare anche 150 kg di vongole al giorno. Oggi si fatica a farne venti perché la pesca abusiva viene fatta con pompe che distruggono il fondale e rovinano l’ambiente. In molti casi sono persone che vengono da fuori, dalle valli ferraresi dove queste tecniche hanno già fatto danni e la produttività delle valli non è più sufficiente».

IMG 5256La richiesta di un punto di sbarco, nell’ottica di chi la propone, dovrebbe avere utilità su due fronti. Prima di tutto il trasporto delle vongole dalle imbarcazioni ai camion frigo per la consegna allo stabulario, ma anche un punto dove fare la selezione del prodotto raccolto, rimettere in acqua i mitili sotto taglia ed eliminare i gusci da portare a una discarica per il riciclaggio. Baiona Viva chiede un solo punto di sbarco, da utilizzare per chiunque abbia diritto a pescare: «A quel punto sarebbe più facile individuare gli abusivi. E noi per primi avremmo più possibilità di segnalarli alle autorità. Con maggiori controlli in un paio di anni la valle tornerebbe a produrre così tante vongole da poter impiegare anche 150 persone». Oggi senza punto di sbarco come si fa? Lauro non usa mezze parole: «Siamo allo sbando, ognuno si arrangia come può». E Ancisi sottolinea quindi che il pontone sarebbe un passo avanti per i controlli igienico-sanitari a tutela della salute del consumatore.

IMG 5263Piccole strutture galleggianti di questo tipo ne esistono a decine nelle valli di Goro e Comacchio, a significare che le istituzioni competenti per le autorizzazioni (Capitaneria e Parco del Delta) hanno fornito pareri favorevoli. «Gli stessi pareri che ci sarebbero già per la Baiona – dice Ancisi – ma è il Comune a opporsi. Lo ha fatto la maggioranza nella commissione consigliare Assetto del Territorio defininendo il punto di sbarco come attività produttiva incompatibile con il valore ambientale del sito. Ma quel galleggiante è solo uno strumento e l’attività produttiva è la pesca, concessa da un regolamento comunale». I pescatori aveva tentato di portare un natante in valle per l’utilizzo, una imbarcazione regolarmente registrata. Ne è scaturita una denuncia che vede proprio Lauro indagato per abuso edilizio.

Nella seduta del 28 febbraio, Ancisi presentare in commissione un emendamento per modificare la variante al Rue e introdurre il punto di sbarco seguendo le precise disposizioni delle autorità.

L’imputato è di colore e l’avvocato di parte civile scrive “negro” sul fascicolo

Il legale del foro di Forlì era in aula a Ravenna davanti al giudice dell’udienza preliminare. La foto della cartellina postata su Facebook dal giudice di Cassazione Roberto Riverso

87024944 1077040355968483 4776723521210417152 NL’imputato è un uomo di colore e l’avvocato di parte civile si presenta in tribunale con la parola “negro” scritta al posto del nome dell’accusato sul dorso della sua cartellina con le pratiche del procedimento. L’episodio si è verificato a Ravenna stamani, 20 febbraio, nell’aula del giudice dell’udienza preliminare. A renderlo pubblico è stato Roberto Riverso, ex giudice del lavoro a Ravenna e oggi in Cassazione, che ha postato una foto del fascicolo sul suo profilo Facebook.

«Non è la commissione di un crimine o di un illecito disciplinare che vengono in mente – ha scritto il magistrato a commento dell’immagine –, ma la confessione dell’estraneità di questo soggetto alla civiltà del diritto. Una barbarie. Che denuncia una regressione ad uno stadio pregiuridico. Commessa da uno che si definisce avvocato. Una cosa inimmaginabile. Fino a oggi». Raggiunto al telefono, Riverso ha ribadito a voce tutta la sua amarezza: «L’imputato è per definizione la parte debole in una condizione di minorità e in questo modo gli viene negata addirittura l’identità del nome da parte di un avvocato che dovrebbe essere il primo tutore della legalità».

Riverso, che ha postato la foto coprendo i nomi leggibili, sottolinea poi un dettaglio più tecnico: «Nella intestazione frontale il nome dell’imputato è riportato per esteso. “Negro” compare solo sul dorso e questa per me è un’aggravante perché l’avvocato ha scelto di scriverlo così pur avendo scritto il nome giusto poco distante. Ora che la vicenda è di dominio pubblico, mi auguro che qualcuno prenda provvedimenti: ci sono tutte le condizioni per un procedimento disciplinare ma non è nemmeno da escludere che ci siano gli estremi per altro». Il legale protagonista dei fatti è un 40enne del foro di Forlì, già noto alle cronache per vicende a sfondo razziale.

Il post del magistrato ha scatenato i commenti sul social. Diversi hanno chiesto – anche sperato per ridurre la portata del fatto – che Negro fosse da intendere con lettera maiuscola in quanto cognome e invece non è così. Qualcuno si è anche avventurato in una difesa d’ufficio della scelta linguistica: «La parola negro non è così offensiva come tutti voi ben pensanti siete abituati ad intenderla. Faccio presente che è il nome di uno Stato africano che fu volutamente chiamato così: il Niger». A rispondergli è intervenuto l’ex senatore Vidmer Mercatali: «Ma per favore».

Di Maio (Iv): «Proroga blocco trivelle contraddice le parole del ministro a Ravenna»

Il deputato del partito renziano richiede un tavolo al Governo «per dare certezze al settore» dopo lo slittamento di sei mesi dello stop

«L’emendamento voluto nel decreto Milleproroghe da Movimento 5 stelle e Pd, mette a rischio gli investimenti nel settore oil&gas a Ravenna. Un testo che non abbiamo votato in commissione e a seguito del quale abbiamo chiesto al Governo di attivarsi immediatamente per porre rimedio». Lo afferma il deputato romagnolo di Italia Viva, Marco Di Maio, a proposito della proroga di ulteriori sei mesi (da agosto a febbraio) del blocco per le trivelle per l’estrazione di idrocarburi in mare. Di Maio è capogruppo della Commissione Affari costituzionali e ha seguito in prima persona tutto il decreto Milleproroghe.

«Abbiamo chiesto con un apposito ordine del giorno che ha avuto parere favorevole – spiega il deputato -, di convocare immediatamente tutti gli stakeholders interessati e in particolare gli operatori del settore upstream le cui attività risultano ulteriormente sospese nelle more dell’adozione del Pitesai. Le imprese e i lavoratori hanno bisogno di certezze: in ballo c’è il destino di migliaia di famiglie e battaglie ideologiche che strizzano l’occhio al falso mito della “decrescita felice” sono dannose e non rendono un buon servizio all’obiettivo che condividiamo della riconversione ecologica. Oltre a contraddire le manifestazioni pubbliche e gli impegni assunti recentemente anche dal dal ministro Gualtieri, in visita a Ravenna».

La richiesta di Italia Viva fa seguito al medesimo appello rivolto all’esecutivo dal presidente regionale Stefano Bonaccini, «a cui riconosciamo la coerenza di essersi sempre battuto in questa direzione, senza cedere alle tesi ideologiche anti-sviluppiste del Movimento 5 Stelle».

Da Monica Bellucci a Naomi Campbell, dal 5 aprile le muse di Paolo Roversi al Mar

“Studio Luce” è la mostra personale allestita su tre piani dedicata al fotografo che ha firmato il calendario Pirelli 2020 e ha lavorato per marchi come Dior con modelle leggendarie tra cui anche Kate Moss

02 Paolo RoversiChe lavori a un servizio di moda, prepari un ritratto o componga una natura morta, Paolo Roversi tenta comunque di dar forma al mistero, di scoprirlo e di portarlo alla luce. Le opere del 73enne fotografo ravennate comporranno la personale “Studio Luce” al Museo d’arte di Ravenna dal 5 aprile al 5 luglio (vernice il 4 aprile alle 18): l’autore mette in mostra i suoi lavori più recenti, una selezione del calendario Pirelli 2020 e una serie di scatti di moda inediti, esposti qui per la prima volta, frutto del lavoro decennale per brand come Dior e Comme des Garcons e magazine come Vogue Italia, in una sequenza che arriva agli editoriali più recenti.

L’allestimento si sviluppa sui tre piani espositivi del Mar e comprende molte immagini diverse tra loro, in una serie di accostamenti e sovrapposizioni sorprendenti. Ad aprire il percorso, le prime fotografie di moda e i ritratti di amici e artisti come Robert Frank, Anton Corbijn e Peter Lindbergh che si alternano a still life di sgabelli raccolti in strada e immagini che ritraggono la Deardoff, macchina fotografica con cui Roversi scatta da sempre. In omaggio al settecentesimo anniversario della morte di Dante, sarà presente un’ampia selezione di scatti provenienti direttamente dall’archivio di Roversi che celebrano la figura della musa, la Beatrice cantata dal Poeta nella Divina Commedia, qui incarnata in donne leggendarie come Natalia Vodianova, Kate Moss, Naomi Campbell e Rihanna.

01 Paolo RoversiA parte rare eccezioni, Roversi lavora in studio, per lui spazio dalla duplice connotazione: da una parte infatti è un luogo fisico, un teatro essenziale e scarno dove mettere in scena i propri sogni e desideri; dall’altra è un luogo della mente, una sorta di contesto rituale che apre le porte ad una dimensione alternativa, la cui chiave è, da sempre, la luce. La mostra, a cura di Chiara Bardelli Nonino con le scenografie di Jean–Hugues de Chatillon, è pensata come un ritorno alle origini, tanto letterale quanto metaforico, ed è la prima esplorazione così approfondita di un universo visivo particolarmente ricco e complesso.

Paolo Roversi nasce a Ravenna nel 1947. Nel 1973 si trasferisce a Parigi, città dove ancora oggi vive e lavora nel suo atelier in Rue Paul Fort – lo “Studio Luce” che dà titolo alla mostra. Dell’infanzia ravennate porta con sé quasi tutto e, nonostante gran parte del suo lavoro si svolga oggi lontano dalla sua città, riconduce la sua ricerca di una bellezza pura, quasi spirituale, allo sfavillio dei mosaici di Sant’Apollinare, San Vitale e Galla Placidia, all’atmosfera rarefatta di un luogo pervaso da una bellezza serena, tersa, silenziosa e avvolto dalla nebbia. Non mancheranno quindi in mostra numerosi rimandi a Ravenna, la città che più di ogni altra ha plasmato il suo immaginario.

Il deputato Fassino ricorda Matteucci e la Camera si alza in piedi per un applauso

L’ex sindaco di Ravenna è scomparso il 16 febbraio, pochi giorni prima di compiere 63 anni

Nella seduta di ieri, 19 febbraio, a Montecitorio il deputato Piero Fassino (Pd) ha ricordato la figura di Fabrizio Matteucci, sindaco di Ravenna dal 2006 al 2016 stroncato da un infarto la mattina del 16 febbraio scorso, pochi giorni prima del 63esimo compleanno. «La sua morte ci ha colpito provocando un profondo e angosciante dolore – sono alcune delle parole pronunciate da Fassino –. Matteucci ha dedicato l’intera vita alla politica con competenza, capacità, passione, dedizione e conquistandosi stima universale e dimostrando che chi dedica la vita alla politica non lo fa per convenienza personale ma perché crede nei valori». Al termine dell’intervento i deputati si sono alzati in piedi per un applauso.

Il premier Conte in visita alla Caviro con i vertici nazionali di Confcooperative

Per il presidente del Consiglio un incontro riservato con i big delle coop bianche, il taglio del nastro di un impianto che aggiorna quello inaugurato a giugno 2019 per la produzione di biometano e un dibattito pubblico

83930256 837146286767338 1464410451516325888 OIl presidente del Consiglio dei ministri, Giuseppe Conte, sarà a Faenza il 24 febbraio in visita alla sede della Caviro in via Convertite per inaugurare un nuovo impianto con i vertici nazionali di Confcooperative. L’arrivo del premier è atteso per le 14 e dopo un momento di incontro riservato, il programma prevede il taglio del nastro e a seguire un dibattito aperto al pubblico (su invito per gli associati) con la presenza di Carlo Dalmonte (presidente Caviro) e Maurizio Gardini (presidente nazionale di Confcoop).

L’impianto da inaugurare è una implementazione di quello per la produzione di biometano dai sottoprodotti della filiera agroalimentare inaugurato a giugno 2019 dopo la riconversione di uno stabilimento per la produzione di biogas. In buona sostanza si tratta di un impianto per la cattura della CO2.

Quella manfreda sarà l’ultima tappa di una giornata tutta romagnola per Conte, a stretto contatto con il mondo delle cooperative bianche. Prima della Caviro è prevista una visita all’aeroporto “Ridolfi” di Forlì – ancora alle prese con le ultime procedure burocratiche per tornare alla piena operatività – e poi alla Orogel di Cesena. Dopo la visita alla Caviro è previsto il rientro a Roma in aereo.

Svastica sul sacrario, il sindaco: «Atto ignobile, vile e violento. Onore ai caduti»

Nel mirino dei vandali il monumento per i caduti della brigata antifascista “Cremona”. De Pascale ha reso omaggio al luogo con la presidente del consiglio comunale Livia Molducci

86864354 2901797916509521 8335700393824616448 OIl sindaco di Ravenna, Michele de Pascale, ha parlato di «atto ignobile, vile e violento» per definire la svastica dipinta con vernice spray sul sacrario di Camerlona che accoglie le spoglie di numerosi caduti appartenenti al gruppo combattente della brigata “Cremona” impegnati durante la seconda guerra mondiale per liberare l’Italia dal nazifascismo. Il primo cittadino nel pomeriggio di oggi, 19 febbraio, ha fatto visita a «un luogo così caro alla memoria dei ravennati e di tutto il nostro Paese» insieme a Livia Molducci, presidente del consiglio comunale.

L’atto vandalico è stato immediatamente ripulito: «Per questo ringrazio tutti i tecnici comunali che si sono attivati. Siamo rimasti sgomenti nel pensare che ai giorni d’oggi qualcuno si possa permettere di violare un luogo sacro con un simbolo che rappresenta il momento più buio della storia del nostro Paese. Questa sarà l’occasione per aggiungere anche alcuni interventi rispetto alla sua valorizzazione e al suo mantenimento. La risposta è chiara, immediata, unanime da parte di tutta la nostra comunità: il nazifascismo ha rappresentato la più grande tragedia del secolo scorso e per la quale la nostra città ha pagato con un numero di vittime elevatissimo. Rendiamo onore ai caduti e li ringraziamo per l’estremo sacrificio che hanno portato in nome dei valori di libertà e di democrazia e siamo pronti a combattere per questi valori anche oggi».

Coronavirus, Confesercenti: «Pregiudizi dimezzano fatturati ristorazione cinese»

L’associazione di categoria ha fatto visita ad alcune attività associate per manifestare la propria vicinanza in un momento segnato da timori infondati: «Non solo i gestori e il personale risiedono stabilmente sul territorio, ma anche i prodotti impiegati sono di provenienza italiana»

Fuji RavennaPer alcuni pubblici esercizi gestiti da imprenditori cinesi nella provincia di Ravenna, soprattutto nel settore ristorazione, la psicosi da coronavirus Covid-19 ha causato la perdita di clientela con cali del fatturato anche del 50 percento. Lo rende noto Confesercenti che stamani, 19 febbraio, con alcuni suoi rappresentanti ha visitato alcuni dei pubblici esercizi gestiti da imprenditori associati per manifestare vicinanza in un momento difficile.

Konnubio Lugo«Vogliamo metterci la faccia – affermano dall’associazione di categoria – per dire apertamente che non c’è alcun rischio legato alla frequentazione ed al consumo di cibi in qualsiasi attività di bar, ristorazione o negozio che sia, qualunque sia la sua gestione». Le attività visitate sono state, fra le altre, il ristorante Fuji di Ravenna, il ristorante Oriente di Faenza, il bar ristorante Konnubio di Lugo.

Oriente FaenzaI cali di fatturato per i timori infondati di rischio di contagio hanno avuto ripercussioni importanti sul bilancio dell’impresa e sull’occupazione del personale, che in molti casi è già stata ridimensionata. «La paura priva di fondamento alla base di tutto questo è un sentimento che dobbiamo sconfiggere con la ragione, perché non solo i gestori ed il personale di questi esercizi risiede stabilmente, come ognuno di noi, sul territorio, ma anche i prodotti impiegati sono di provenienza totalmente italiana, premettendo in ogni caso che non vi è alcun rischio di trasmissione attraverso gli alimenti».

Pulita la svastica sul sacrario della brigata antifascista, il caso in Parlamento

Una deputata di Fratelli d’Italia invita la politica a non restare indifferente di fronte a gesti inaccettabili

87051619 2350843875015303 7084448761186877440 NÈ stata ripulita la lapide del gruppo di combattimento “Cremona” a Camerlona, imbrattata da una svastica fatta con vernice nera. Nel sacrario militare sono custodite le spoglie di quanti caddero a fianco dei partigiani e degli Alleati nei combattimenti contro il nazifascismo per liberato Alfonsine e i paesi sulla via Reale.

L’atto vandalico ha suscitato la reazione di Ylenja Lucaselli, parlamentare di Fratelli d’Italia: «È l’ennesimo campanello d’allarme, che giunge in coda a tanti, troppi episodi simili in varie parti d’Italia. La politica non può rimanere indifferente di fronte ai gesti inaccettabili di chi tenta di riportare all’attualità simboli e gestualità condannati dalla storia. Il valore della libertà non è mai scontato, così come troppe forme d’odio hanno la tendenza a riaffiorare ed è dovere democratico contrastarle».

«I “cremonini” furono valorosi combattenti a partire dalla metà del 1944 – scrive l’Assocazione nazionale partigiani (Anpi) –, dando così orgoglio alle rinate forze armate italiane. Ci troviamo ancora una volta a denunciare un ignobile gesto che indigna la nostra storia e la nostra gente; e che non fermerà la democrazia conquistata dalle forze tutte della Resistenza».

Riccardo Rosetti, vicepresidente della Consulta provinciale antifascista di Ravenna, interviene sull’episodio: «Indignazione, sdegno e riprovazione sono i sentimenti che ci colgono alla notizia dell’ennesima deturpazione vandalica di matrice apologetica perpetrata da ignoti, questa volta contro la lapide della brigata Cremona a Camerlona. Quella svastiche, così come le croci celtiche, sono simboli che rappresentano il male in una forma che mai l’uomo era riuscito a produrre con tale scientificità, diffusione e crudeltà cinica: il “male assoluto” come fu definito, ma che oggi potrebbe riaffacciarsi se non si mettono freni».

Legambiente: «Offshore ravennate in crisi per cause interne. No alla lobby fossile»

L’associazione green invita sindaco e Regione a instaurare un tavolo per affrontare le difficoltà del settore con la volontà di spingere per il passaggio alle rinnovabili

Attivare subito un tavolo di riconversione verde del settore legato alle estrazioni di gas invece che avviare un’azione di lobby locale per riproporre il rilancio della stagione del fossile. Sulla crisi del comparto off-shore, Legambiente scrive al sindaco di Ravenna Michele de Pascale e alla giunta regionale dopo la proroga di altri sei mesi del blocco-trivelle per arrivare alla definizione del Pitesai (Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee), che potenzialmente potrebbe sbloccare alcune aree di estrazione. Lo slittamento è previsto nell’attuale percorso di conversione del decreto “Milleproroghe” e «verosimilmente andrà oltre i sei mesi, visto lo stallo nei procedimenti di redazione».

Legambiente ritiene che sarebbe sbagliato reclamare un tavolo di crisi come strumento di pressione per ottenere lo sblocco delle estrazioni. «Il settore dell’oil and gas necessita di un tavolo che dia nuove prospettive di riconversione industriale verso le tecnologie green guardando alle ipotesi delle rinnovabili come l’eolico off-shore, e prevedendo una fase intermedia di impiego del know-how delle imprese nell’impegnativa fase di decommissioning (smantellamento e bonifica, ndr) delle piattaforme esistenti». Le proposte di Legambiente sulla riconversione energetica dell’Alto Adriatico sono in un dossier presentato a luglio.

Secondo Legambiente il settore estrattivo ravennate è in declino soprattutto per cause interne, «visto che gli addetti del distretto hanno subito una contrazione di settemila addetti dal 1992 ad oggi, anche in assenza dei blocchi alle trivelle». Per l’associazione l’opzione della riconversione rimane l’unica proposta realista: «Un percorso che per il nostro Paese potrebbe avvenire cercando di collegarlo all’utilizzo delle risorse previste dalla Ue per il Green deal e la decarbonizzazzione».

Licenziato per aver prestato il pass mensa al collega, Marcegaglia dovrà riassumerlo

L’azienda lamentava un danno di 127 euro, il giudice ha calcolato che a conti fatti il colosso dell’acciaio ci ha rimesso 6 euro. La vicenda riguarda un 28enne assunto da 9 anni in via Baiona: aveva dato il tesserino a un facchino che lavora in appalto

Un danno economico di 6,08 euro per un gruppo industriale che fattura più di 5 miliardi all’anno non può essere sufficiente per minare il rapporto di fiducia tra datore di lavoro e lavoratore al punto da arrivare al licenziamento. Questa è la sintesi della sentenza del tribunale del Lavoro di Ravenna che ha stabilito, come si legge sulle pagine di Corriere Romagna e Resto del Carlino che riportano la notizia, il reintegro di un 28enne assunto da Marcegaglia nello stabilimento di via Baiona nel 2011 e licenziato lo scorso settembre per aver prestato il badge della mensa aziendale a un collega di una ditta esterna in appalto che non aveva diritto al benefit. Il giudice Dario Bernardi ha inoltre disposto che il colosso dell’acciaio rimborsi anche gli stipendi non goduti dall’interruzione del rapporto di lavoro con interessi e spese legali.

In poche parole il 28enne aveva prestato al collega il suo badge per 32 pranzi. Secondo Marcegaglia il danno subito era di 127 euro ma la linea difensiva, accolta dal giudice, ha mostrato che nella busta paga del dipendente viene accreditato un buono del valore di 3 euro per ogni pasto non usufruito e detratti 80 centesimi per ogni consumato. Tenendo conto che l’azienda paga 3,96 euro a pasto al fornitore, se si tira una riga in fondo e si calcola tutto emerge la differenza di 6,08 euro.

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