Un anno da sindaco a Palazzo Merlato, luci e ombre del governo De Pascale

Sono passati 365 giorni da quando il 31enne Michele de Pascale firmò l’atto del suo insediamento ufficiale a Palazzo Merlato come sindaco di Ravenna al termine di una campagna elettorale che avevo visto la città confrontarsi con un ballottaggio per la prima volta dopo ventitrè anni. Un anno di governo è solo l’inizio di un mandato quinquennale ma già un parentesi più che sufficiente per valutare l’operato del primo cittadino e della sua giunta

Cultura: nuovi equilibri in vista della città dei musei

18622197 1450200281669299 6914368279162640963 NLa cultura è stata, fin da subito, uno dei capisaldi del progetto politico amministrativo del sindaco De Pascale, messi a punto con la scelta di Elsa Signorino quale assessore alla Cultura e l’attribuirsi della delega alla “riorganizzazione delle istituzioni e fondazioni culturali”. La nuova visione della politica culturale ravennate ha segnato una netta soluzione di continuità col passato. È stata definitivamente archiviata, senza cogliere alcuna eredità, la lunga esperienza della candidatura a Capitale Europea della Cultura 2019 e quella delle “grandi mostre” al Mar, per cui sono letteralmente scomparsi dalla scena i protagonisti di quella stagione culturale: Alberto Cassani e Claudio Spadoni. L’indirizzo che ha caratterizzato il primo anno di consiliatura verso un futuro di cambiamenti è una sorta di recupero, o meglio, rinnovata attenzione alla tradizione culturale locale: monumenti e archeologia, mosaici, Dante… Un “ritorno all’antico“ che rivela scelte di tutela e conservazione ma di cui si intravede solo vagamente l’innovazione e la rianimazione in chiave contemporanea. Fra i punti a favore della strategia di De Pascale e Signorino, il protocollo di intesa firmato con lo Stato per la gestione dei “servizi aggiuntivi” di monumenti e musei affidati alla fondazione RavennAntica. Un passo che nel disegno del Comune potrebbe vedere in futuro l’ingresso dello Stato in una rinnovata fondazione per governare un segmento importante dei beni culturali locali. Punta di diamante di questo organismo pubblico-privato il parco archeologico, la basilica e il museo di Classe, la cui apertura è prevista nel 2018. Fra le incognite, questa è la più consistente e rischiosa, dati gli ingenti costi di gestione e il consistente apprezzamento in termini di visitatori indispensabile per reggere l’impresa. A quanto pare, le fondazioni bancarie (Cassa Risparmi e Del Monte) faranno convergere gran parte dei finanziamenti disponibili proprio in campo museale, comparto di Classe in testa. È ancora presto per valutare come muteranno gli equilibri, sia per i destini del Mar – che dovrebbe intraprendere percorsi espositivi incentrati sul mosaico e la fotografia – sia per quelli delle convenzioni comunali di sostegno alle arti performative (dal Ravenna Festival agli altri soggetti che organizzano e producono musica, teatro, danza…) che rappresentano una notevole ricchezza per il tessuto culturale cittadino. Per quanto riguarda Dante e le iniziative in previsione del centenario del 2021, da Roma non arrivano notizie confortanti sui finanziamenti per le celebrazioni, visto che sta per essere approvato un disegno di legge che prevede un budget complessivo di appena 1 milione e 150mila euro, a livello nazionale. Troppo poco e molto meno di quanto speravano gli amministratori ravennati.
Fausto Piazza

Per il turismo servono progetti strutturali

13227129 1097567333599264 7392167442019678730 NEx bagnino e già assessore alle politiche turistiche nella sua Cervia, Michele de Pascale aveva puntato forte sul turismo in campagna elettorale, un anno fa, con tanto di alcuni annunci a effetto su beach stadium e hotel nel palazzo della Provincia. Quest’ultima suggestione già pare sia stata scartata (o meglio, “riciclata” per l’ex caserma), lo stadio in spiaggia, invece, ci dicono ancora che si farà, pur senza fretta. In campagna elettorale si voleva poi stravolgere Ravenna durante le feste natalizie, per farne una meta turisica anche di fama internazionale. Le intenzioni (budget e idee messe in campo) sono state buone, il risultato invece piuttosto deludente (tranne lo spettacolo di Capodanno, che potrebbe essere una buona cartolina da spendere per il futuro) agli occhi dei cittadini e senza riscontri dal punto di vista dei dati turistici di dicembre, nonostante il 2016 sia stato comunque l’anno del record di arrivi, per il comune di Ravenna. L’estate alle porte – come raccontiamo anche in questo numero – sembra invece quella della possibile mini-svolta, trainata da ottimi ponti primaverili, da un calendario di iniziative importante e da un’ordinanza balneare che pare essere più che altro un invito a fare festa al mare. L’ottimismo degli operatori del mare è quindi giustificato, mentre c’è da ricrearlo tra quelli del centro storico, dopo il primo anno con il museo senza una grande mostra in grado di attirare visitatori da fuori e soprattutto dopo l’estenuante vicenda di piazza Kennedy, in questi primi mesi ormai utilizzata per cercare di renderla il più digeribile possibile ai ravennati. La speranza è che, così come per palazzo Rasponi, possa essere al centro di una strategia più ampia dell’Amministrazione. E se da una parte è da apprezzare il tentativo di questa nuova giunta di coinvolgere per quanto possibile gli operatori e di analizzare pubblicamente i dati per poi prendere le decisioni conseguenti – così come è da registrare di certo un impegno più forte rispetto al passato per quanto riguarda il calendario degli eventi e sul fronte della promocommercializzazione (anche se aspettiamo novità sul fronte della Dmo) – quello che è lecito chiedere al sindaco in questa legislatura sono progetti di rilancio vero, progetti strutturali come potrebbe essere quello di riqualificazione del bacino Pescherecci a Marina di Ravenna, o la nuova Darsena (dove è però riuscito già a rispettare la promessa di smantellamento del bitumificio e a ottenere 13 milioni dallo Stato), o un maggiore sfruttamento delle aree naturali a fini turistici. Perché gli eventi vanno bene, ma non possono bastare.
Luca Manservisi

Renziano e di sinistra: l’abile politico dietro all’amministratore

03–06 2016 Ravenna , Renzi A Ravenna E Protesta

Che Michele de Pascale fosse innanzitutto un politico lo si sapeva dal suo curriculum, e in caso di dubbi lo si è capito benissimo in questo anno dove è stato anche amministratore mentre il suo partito è stato in balia di divisioni e tensioni a livello nazionale. Il profilo che ha tenuto è quello, non semplice di questi tempi, del “renziano di sinistra”, ed è riuscito nell’impresa non banale di governare una maggioranza che è riuscita a tener dentro almeno un pezzo di sinistra fin dalle elezioni e adesso sta tenendo dentro anche Mdp, gli ex Pd. Per sua fortuna due delle liste civiche che lo sostenevano (quelle decisamente meno di sinistra) non hanno eletto nessuno e questo certo facilita le cose. Resta il nodo Pri, ora in subbuglio, ma con il Pri un accordo si è poi sempre trovato… Come riesce in questo? Innanzitutto, evitando di invischiarsi in botta e risposta contando, presumibilmente, sulla memoria corta di tanti elettori, vedi la diatriba sulle nomine dirigenziali che hanno visto soprattutto riconferme. Poi fa cose effettivamente “di sinistra” sul fronte del sociale e dell’immigrazione (deleghe non a caso affidate a Valentina Morigi):  reinternalizzare i servizi e prendere la gestione dei Cas sono atti importanti le cui conseguenze effettive tuttavia non sono ancora misurabili. Intanto però, ottiene un’astensione sulla convenzione alle scuole cattoliche dagli alleati che avevano sempre votato contro. Usa inoltre la sua immagine con parsimonia: taglia nastri, ma si fa vedere in foto soprattutto tra i cittadini (con il tour nel forese) oppure con i big di Eni. Per il resto parla poco, usa poco i social media, ma interviene a gamba tesa per dirsi a favore dell’abolizione dei voucher dopo aver partecipato piuttosto attivamente alla campagna congressuale di Renzi sul territorio. Anzi, in quel frangente, l’impressione per i più è stata che fosse tornato a fare il segretario provinciale del partito. Un partito dove ora i suoi “padri” ideali locali non ci sono più, perché ormai confluiti in Mdp. E dove un giovane amministratore ambizioso e capace di tenere insieme maggioranze altrove impossibili potrebbe, chissà, un giorno non troppo lontano tornare utile.
Federica Angelini

Niente stella da sceriffo e sulla sicurezza attento a evitare polveroni e polemiche

RAVENNA 11/10/2013. PD RAVENNA, DE PASCALE PRESENTA LA SUA CANDIDATURA A SEGRETARIO PROVINCIALE

La stella da sceriffo è ancora chiusa nel cassetto. Michele De Pascale ha deciso di non appuntarsela a differenza del suo predecessore, Fabrizio Matteucci. Allo stesso modo, anche la politica delle ordinanze è stata pensionata e – anzi – la più importante firmata per ora da De Pascale, quella “balneare”, segna un’inversione di tendenza molto netta rispetto al giro di vite che operò Matteucci in nome della sicurezza. Del resto, se c’è un tema sul quale si nota una differenza di stile è proprio questo. Ma lo stile, nella percezione della sicurezza, è tutto. De Pascale ha scelto una strada che mira a non prendere i problemi di petto, evitando di sollevare polveroni. Alla voce “cose fatte” va ricordata la nuova organizzazione di piazza Baracca, la task force anti abusivi in spiaggia, le assunzioni dei vigili con aumento delle pattuglie in centro storico. Tutte azioni che non piacciono all’opposizione di sinistra, tanto che Raffaella Sutter parla di «impronta securitaria» che «colpisce i poveri, migranti e non». Nel programma elettorale di De Pascale c’è la realizzazione di un sistema per collegare la videosorveglianza privata a quella pubblica per coprire meglio la città. Finora la questione non è stata messa in agenda. Per quanto riguarda la polizia locale per capire come si muoverà l’amministrazione bisognerà attendere che il comandante dei vigili Andrea Giacomini – bloccato finora da un contenzioso al Tar – entri in servizio.  Non si parla più di sicurezza ai Giardini Speyer o in altre zone della città, come la Rocca, ma è difficile che i problemi di quelle zone, anche ammettendo che fossero stati esagerati prima, siano spariti con le elezioni del 2016. Nel caso fosse così, superata l’ “emergenza”, De Pascale potrebbe rimettere almeno le panchine tolte da Matteucci in via Pallavicini e in tutta la zona stazione…
Alessandro Montanari

Grandi opere al porto ancora ferme, le piccole non bastano

17458443 10209695925461630 1316568185549627651 NNei quindici giorni di campagna elettorale tra il primo turno e il ballottaggio, esattamente un anno fa di questi giorni, il candidato Michele de Pascale mise nero su bianco una lista di cose che si impegnava a fare entro determinate scadenze. In cima alla lista scrisse: «Entro la fine dell’anno approveremo un progetto per scavare i fondali a 12,5 metri per tutta l’asta del porto». A oggi non risultano progetti approvati. È vero che poco prima della fine del 2016 il neo nominato presidente dell’Autorità portuale alla prima uscita pubblica mise in chiaro che l’approfondimento non sarebbe andato oltre i 12,5 dimostrando sintonia con il neo eletto sindaco. Ma tra le dichiarazioni che mostrano sintonia e le approvazioni che mettono in moto le draghe c’è una certa distanza. In generale le attese sul fronte del porto, in base a quanto sentito nella fase finale dell’era Matteucci e in tutta la campagna elettorale, erano piuttosto alte. La sensazione era quella che una nuova presidenza al porto e una nuova giunta a Palazzo Merlato avrebbero impartito l’accellerazione attesa e pretesa da molti da molto tempo. Non è successo. È la grande opera del territorio che si attende da anni (lasciando stare per un attimo il celebre bypass sul Candiano e la tangenziale che pure rientrano in quella lista depascaliana) per i duecento milioni da spendere in fase di cantiere con cui dare ossigeno alle imprese e per le potenzialità di sviluppo una volta realizzata. Perché nel frattempo i lavori pubblici si sono mossi – interventi di edilizia scolastica, negli impianti sportivi, per migliorare la viabilità – ma per quanto siano opere di interesse collettivo non possono certo essere la benzina per dare impulso all’economia.
Andrea Alberizia

 

 

 

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