Rissa e partita sospesa: la squadra dei rifugiati si ritira dal campionato

Finisce nei peggiori dei modi il primo anno della selezione del Ravenna Sprar. Pugni e calci durante i playoff degli amatori

Pallone RovinatoUn fallo di gioco, una reazione e poi la rissa con sospensione della partita e la decisione di ritirare la squadra. Finisce così il primo campionato disputato dalla selezione calcistica dei ragazzi richiedenti asilo nell’ambito del progetto Sprar gestito dal Comune di Ravenna. È accaduto tutto il 30 aprile scorso,quando al campo da calcio di Marina di Ravenna si giocano i play off del campionato amatoriale Uisp, raggiunti dallo Sprar Ravenna al suo debutto in un torneo ufficiale, dopo che lo scorso anno erano state disputate allenamenti e amichevoli.

Secondo quanto ricostruito da diverse persone presenti, sia di una squadra sia dell’altra, le cose sono andate così: sul campo di via del Marchesato la Sprar è in vantaggio quando al 30’ del secondo tempo un fallo di gioco provoca la reazione di un calciatore dell’Az Ravenna, avversaria di giornata. La classica manata sul viso che fa infuriare i rifugiati: si forma un capannello, vola un pugno,  l’arbitro sventola un paio di cartellini rossi. Cose che succedono, su un campo di calcio. L’episodio sembrerebbe finire lì quando uno dei ragazzi dello Sprar, estraneo all’azione precedente, dà una calcio ad un avversario nell’ambito di un altro parapiglia scoppiato a 50 metri dall’azione. A quel punto la partita degenera in rissa, l’arbitro è costretto a sospendere la partita che non ricomincerà più. Il portiere dello Sprar calma gli animi e porta i suoi nello spogliatoio, il capitano dell’Az fa altrettanto con i compagni.

Le decisioni del comitato Uisp  arrivano un paio di giorni dopo e sono pesanti: squalifica di tre mesi per un giocatore dell’Az, di quattro giornate per un altro della stessa squadra. Per quanto riguarda lo Sprar, due giornate ad un calciatore ma, soprattutto, tre anni di squalifica al giovane che ha dato il calcio all’avversario. Entrambe le squadre perdono la partita a tavolino per 3-0 ma per la squadra di rifugiati a quel punto non conta più: la società decide di ritirarsi con tanto di nota alla Uisp. “La nostra squadra – si legge – non ha dimostrato una maturità sufficiente per affrontare le situazioni di forte stress verificatesi in campo, tenendo comportamenti non adeguati e contrari allo spirito del Campionato Uisp; per tale motivo crediamo che il ritiro dal Campionato possa essere anche un insegnamento per i giocatori della squadra Sprar. Ciò nonostante l’impegno del progetto Sprar nell’integrazione sociale attraverso la pratica sportiva delle persone, accolte nei progetti in gestione, continua e per questo motivo siamo a confermare la disponibilità ad una massima e reciproca collaborazione con Uisp come è stato fino ad oggi”.

Il gesto è apprezzato dal comitato che parla di un atto di “onestà e correttezza”. Una decisione che peraltro permetterà alla squadra di iscriversi al campionato il prossimo anno. Giampaolo Gentilucci, referente per il Comune del progetto Sprar, ha seguito da vicino l’accaduto ed è molto amareggiato per quanto successo. «Certo siamo dispiaciuti – spiega – e oltretutto l’episodio è accaduto in una delle partite più corrette, fino a quel momento, della stagione. Eravamo riusciti a frenare un po’ l’irruenza che hanno questi ragazzi quando giocano. Ammettiamo senza problemi il comportamento scorretto tenuto in questa occasione dei nostri giocatori, così, insieme alla cooperativa che gestisce il progetto, abbiamo deciso di ritirarci. I ragazzi ci sono rimasti male ma è una scelta anche nel loro interesse, perché così abbiamo evitato la squalifica e potremo iscriverci al prossimo campionato».

Gentilucci ci tiene a sottolineare però gli aspetti positivi del progetto: «Abbiamo tesserato una quarantina di giocatori, ovviamente c’è un po’ di ricambio tra i ragazzi perché alcuni partono ed altri arrivano. Molti, poi, sono stati contattati da squadre di seconda e terza categoria e sono andati a giocare tra i dilettanti. Crediamo molto allo sport come forma di integrazione». Rispetto alla media di chi gioca negli amatori, si tratta di persone molto giovani: alcuni sono minorenni, il più grande ha 23 anni. Dispiaciuto anche il mister, Antonio Anniballi: «Si è trattato del colpo di testa di una persona ed è un peccato che a pagare siano gli altri 24 o 25 che ci hanno messo impegno per tutto il campionato». Dal punto di vista calcistico «è una bella esperienza, all’inizio non sapevamo stare in campo, poi siamo diventati una squadra. Però quello che è successo non è giustificabile in nessun modo e il prossimo anno faremo un po’ di scrematura, lasciando fuori i più esagitati. Dobbiamo ricordarci che si tratta di un esperimento di integrazione sociale, non è importante vincere e chi sbaglia deve pagare».

Va sottolineato che in questa partita non ci sono state provocazioni razziste ma, dice Gentilucci, «ho seguito il campionato e mi è capitato di sentirle in altre gare». Il tutto è stato riferito alla Uisp che infatti nel comunicato ufficiale scrive che la Commissione Giudicante Gare “tiene ad evidenziare che a partire da questo momento non verranno ulteriormente tollerati casi ed episodi di intolleranza razziale, segnali di escandescenze, offese e comportamenti minacciosi di qualsiasi genere”. In ogni caso Anniballi invita i ragazzi a non reagire: «In un campo di calcio la provocazione è la norma, non si può reagire continuamente. La reazione è sempre sbagliata, anche se forse con questi ragazzi che hanno una storia così difficile alle spalle è più facile provocare».

Marco Bulzacca, capitano dell’AZ, conferma la dinamica dell’accaduto e commenta il progetto con qualche scetticismo: «Non so quanto possa essere utile all’integrazione una squadra di soli rifugiati, forse sarebbe meglio farli giocare a gruppi di due o tre nelle altre squadre amatoriali del territorio. Da noi giocano romeni, albanesi, italiani del Sud e del Nord, ravennati e siamo tutti amici anche fuori dal campo, una famiglia».

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