Il campione di beach tennis nel Brasile travolto dal Covid: «Qui ora c’è paura»

La testimonianza di Alessandro Calbucci, numero 1 al mondo della disciplina nata in Romagna: «Ma a Ravenna non hanno voluto investirci»

CalbucciDa anni è il giocatore numero 1 al mondo di beach tennis, lo sport che da queste parti in tanti chiamano ancora più semplicemente “racchettoni”. Ed è stato proprio il racchettone a spingere il 41enne Alessandro Calbucci sempre più lontano dalla sua Ravenna, sulle cui spiagge questa disciplina è praticamente nata. Una sorta di paradosso che lo ha portato in Brasile, a Rio De Janeiro, dove si guadagna da vivere facendo appunto il maestro di beach tennis.

«Rio è diventata la nuova capitale mondiale di questo sport, tanto che tra gli addetti ai lavori ormai è prassi dire che “è nato in italia e cresciuto in Brasile”. Purtroppo non è riuscito a svilupparsi autonomamente e il fatto di essere ricompreso all’interno della Federazione Tennis non lo fa decollare. In questo anno di pandemia non è stato possibile organizzare tornei, non abbiamo ricevuto alcun indennizzo». Impossibile campare di beach tennis giocato, «ma insegnando beach tennis qui sì, ci si può riuscire. Crescono e nascono nuove scuole e nuovi centri di beach tennis di continuo, la “febbre” per questo sport è sempre molto alta».

Il Brasile è però diventato anche la capitale mondiale del Covid, per così dire, essendo il secondo Paese al mondo (dopo gli Stati Uniti) per numero di contagi e di vittime, che sono migliaia al giorno. Tutto questo mentre la situazione è sempre più critica all’interno del governo del presidente Jair Bolsonaro, diventato noto in tutto il mondo per le sue teorie negazioniste. «Lockdown? C’è, ma “alla brasiliana, ossia con molte contraddizioni e tanta confusione. Inizialmente – continua Calbucci – il presidente aveva contaminato la mentalità della gente: i brasiliani pensavano fosse una questione solo italiana o quasi, di un popolo di vecchi come loro ci percepiscono. Loro invece, sono sopravvissuti alla dengue, dicevano all’inizio, loro non lo temevano il Covid». Oggi è cambiato tutto. «Adesso si stanno prendendo paura anche i brasiliani. La pandemia sta facendo molti morti e quasi tutti hanno avuto un parente o un amico coinvolto in maniera grave. Se non hai un’assicurazione il sistema sanitario pubblico fa fatica a reggere la pressione, in alcune aree del paese si è arrivati al 90 percento dell’occupazione delle terapie intensive».

Per tornare al lockdown, alla brasiliana? «Sì, non sarà mai una gestione europea. Qui è all’acqua di rose, si può viaggiare senza problemi ovunque. La spiaggia sarebbe chiusa, per dire, ma ci vanno tutti».

Da brasiliano acquisito (Calbucci ci si è trasferito da 2 anni ma è quasi un decennio che frequenta il Paese abitualmente), come si spiega l’arrivo al potere di Bolsonaro? «Ha vinto grazie a una coltellata (il riferimento è all’aggressione subìta durante la campagna elettorale del 2018, ndr). È un effetto collaterale degli ultimi anni di Lula degenerati nella corruzione. I brasiliani hanno votato quello che ritenevano il male minore. Ora si stanno invece rendendo conto di quello che è veramente Bolsonaro, con la sua povertà retorica, etica e morale. Quando apre la bocca, altro che Berlusconi dei tempi d’oro. I suoi discorsi sono intrisi di cultura militare, maschilista, razzista. E sulla pandemia, come sapete anche voi in Italia, ne ha fatte di tutti colori».

E l’Italia com’è, a distanza? «Sempre più bella da lontano che da vicino, devo dire. Ravenna mi manca, è una città meravigliosa, ho bellissimi ricordi. Purtroppo non si è mai voluto investire veramente sul beach tennis, forse perché Marina in quel periodo era già piena di gente e non è stato considerato utile. Ma sarebbe stato un ottimo investimento per “internazionalizzare” e rilanciare la località dopo il boom. E poi evidentemente è vero che non si è mai profeti in patria. Basta pensare che sono numero uno al mondo da ormai sette anni (quest’anno la classifica del ranking è cristallizzata a causa della pandemia, ndr) e non ho mai ricevuto neanche un minimo riconoscimento nella mia città…».

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