Michela Giraud: «Anche le donne fanno ridere Volgarità? Sul palco porto la verità»

La stand-up comedian romana reduce dal successo di “Lol” sul palco del Binario di Cotignola «Difficile fare satira sulla politica: oggi i veri potenti sono altri, grazie alla democraticizzazione dei social»

Michela Giraud

L’irresistibile ascesa di Michela Giraud: nell’arco di poco più di cinque anni, la stand-up comedian romana, classe ’87, è diventata uno dei volti più amati e versatili della nuova scena comica italiana.
Dai palchi di provincia a Colorado; dallo show satirico Comedy Central News (che ha “ereditato” da Saverio Raimondo) a La tv delle ragazze, fino ad arrivare al recente Lol: Chi ride è fuori e ai prestigiosi riconoscimenti nazionali: nel 2020 il Premio della Satira Forte dei Marmi e, proprio questo mese, il Premio Ischia Carlo Vanzina 2021.
Un palmarès non da poco per una giovane autrice comica.

Michela Giraud sarà a Cotignola, al Giardino del Teatro Binario, venerdì 2 luglio alle 21.30, col suo nuovo spettacolo La verità, nient’altro che la verità, lo giuro!.

Il titolo suona come una testimonianza davanti a un tribunale. Come nasce questo lavoro?
«L’ho scritto subito dopo l’esperienza della conduzione a Comedy Central News. Alcune idee le avevo già e per portarle in scena le ho rimodernate e riassestate. Come sempre, in questo spettacolo parlo di me, della mia mitomania… ma è quello che mi sento di dire! Racconto di come ho iniziato a fare la comica e perché, visto che è una domanda che mi fanno sempre più spesso – almeno quando non mi chiedono della cancel culture».

Si parla di sé per parlare di tutti?
«Certo. I miei problemi, il mio senso di inadeguatezza, i miei trent’anni… Paradossalmente oggi a trent’anni sei vecchio, mentre a quaranta sei di nuovo giovane. O anche i rapporti famigliari, le imposizioni sociali: tutte queste sono urgenze mie, certo, ma credo che molte persone possano ritrovarsi in questi racconti».

Un tratto caratteristico di questa nuova ondata di stand-up comedian, di cui tu fai parte, è la mancanza di un tratto apertamente politico nei monologhi. In un’intervista hai detto che è troppo difficile fare satira se non ci sono personalità politiche forti. Sei ancora della stessa opinione?
«La politica e l’attualità sono fortemente intrecciate, adesso. Così è veramente difficile fare battute legate al qui ed ora, perché il contesto cambia sempre, e lo fa velocemente. La battuta di una settimana fa è già vecchia questa settimana: la scorsa si parlava dell’affaire della nazionale cantanti, oggi si parla della nazionale italiana che si inginocchia. Rischi che il tuo materiale sia instabile. E poi sì, la classe politica del passato era un mastodonte di serietà: non penso a Di Maio come penso ad Andreotti… Senza contare che adesso è tutto mischiato. I veri potenti non sono più i politici, ma altri personaggi che hanno acquistato, grazie alla democraticizzazione dei social, grande fama e un’attenzione prima impensabile».

In un’intervista hai detto che c’è ancora il pregiudizio che le donne non facciano ridere, o che siano inferiori ai maschi nel campo della comicità. Da dove viene, secondo te?
«Non lo devi chiedere a me, lo devi chiedere alla società! Io faccio questo mestiere. Non so come mai avvenga. Forse una ragazza sente di più la pressione di stare al suo posto, ma è solo un’ipotesi… In genere sono i ragazzi che fanno i buffoni, che si prendono in giro, no? E così passa il concetto che, se la ragazza si prende il centro dell’attenzione, poi “non trova marito”. Se ti ridicolizzi diventi brutta e meno gradevole… Per quanto mi riguarda, non me n’è mai fregato niente: ho sempre sentito l’esigenza di fare questo mestiere».

Un’annosa questione per tutti i comici: qual è il confine fra comicità e volgarità? Immagino che ti abbiano criticato spesso, sotto questo aspetto…
«Interpretazione personale. Ci sono molte persone che mi trovano volgare perché hanno visto cinque minuti di monologo a Lol. Ma io ho fatto anche altro. A Lol ho detto “cazzo”, è vero, ma ho detto anche “maieutica socratica”. Eppure nessuno mi ha mai detto “che bello il pezzo sulla maieutica di Socrate!”. Tira sempre più il cazzo della maieutica di Socrate! Un conto è utilizzare un linguaggio comune, un altro è essere persone volgari. Perché sul palco non puoi usare parole che invece usi sempre nella vita quotidiana, quando sei arrabbiato o deluso? Io voglio portare verità sul palco. C’è un’ansia, un’urgenza molto cattolica in questo modo di pensare: mettersi sul pulpito e dire “io l’avrei fatto meglio”, è molto comune da noi. Se infastidisco con la mia impudenza, me la prendo su tutta: le persone a cui non piaccio non mi vedranno mai, ma quelle che mi apprezzano verranno a vedermi lo stesso. Anche se c’è la partita della nazionale!».

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