Commercio, nei primi tre mesi dell’anno perse già 92 aziende rispetto a fine 2016

Confesercenti Ravenna preoccupata per gli ultimi dati e per la ripresa dell’indice dei prezzi. «Servono stimoli per la domanda interna»

NegoziLa Confesercenti Ravenna commenta con grande delusione i dati Istat sul commercio dei primi tre mesi dell’anno in Italia: «le vendite sono cresciute rispetto al trimestre precedente soprattutto in valore (+0,7%), grazie alla spinta dell’inflazione; i volumi sono rimasti invece piatti o quasi (+0,1%). E la crescita ha riguardato soprattutto le grandi superfici: i piccoli, nonostante il mini-rimbalzo di marzo, nel primo trimestre hanno perso un ulteriore 0,7%».

Dati confermati in provincia di Ravenna che segna nel primo trimestre dell’anno un altro saldo negativo nel commercio e nei pubblici esercizi ancora più negativo del primo trimestre 2016.

Si registrano infatti 92 aziende in meno rispetto a fine 2016 nel commercio e 17 in meno nei pubblici esercizi. Sul totale di 366 aziende registrate in meno al Registro Imprese della Camera di Commercio della provincia di Ravenna, il commercio, dopo l’agricoltura (- 150), è il settore più penalizzato. Sempre nel primo trimestre dell’anno hanno chiuso 239 aziende nel commercio (aperte 114) e 76 nel turismo (aperte 36).

«Ed è proprio la ripresa dell’indice dei prezzi, dovuta in primo luogo all’aumento dei beni energetici, a costituire il maggiore elemento di preoccupazione per il futuro – si legge nella nota dell’associazione di categoria –. In assenza di una crescita economica sostenuta, il riaffacciarsi dell’inflazione ha già iniziato a far sentire i suoi effetti sul potere d’acquisto delle famiglie e potrebbe portare ad una nuova riduzione complessiva dei consumi, con inevitabili conseguenze su Pil e conti pubblici».

Per invertire la tendenza, Confesercenti propone di mettere in campo misure di stimolo per la domanda interna, anche utilizzando la leva fiscale: «si potrebbe, ad esempio, ipotizzare una deduzione del 50% dall’imponibile Irpef, di carattere temporaneo, per le spese in beni durevoli e semidurevoli delle famiglie. Un intervento a costo zero o quasi per l’Erario, che potrebbe recuperare il gettito perduto attraverso l’Iva pagata sull’intero importo. E insieme misure per limitare lo sviluppo della grande distribuzione che continua invece a crescere».

 

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