I due politici e l’outsider, che stanchezza le primarie

Primarie, di nuovo primarie. Dopo quelle per il segretario  prima locale e poi nazionale, precedute  da quelle per  il candidato premier a cui erano seguite quelle per la scelta dei candidati al parlamento, i ravennati Pd, con tutti gli emiliani romagnoli, sono di nuovo chiamati alle urne, questa volta per il dopo Errani. Un po’ di stanchezza è comprensibile. Soprattutto se poi la campagna elettorale si svolge apparentemente sul grado medio di renzismo dei singoli candidati e riproduce, in controluce, uno schema vecchio come la politica italiana: cattolici e non. Richetti vs Bonaccini. Uno renziano da subito, cattolico (nella prima riga della sua biografia ufficiale cita la sua comunità parrocchiale), uno bersaniano prima e renziano solo dopo la sconfitta elettorale (ma prima di altri, va detto), proveniente dai Ds. La nostra segreteria locale segue lo schema: ex bersaniani più o meno ricompattati con Bonaccini, renziani della prima ora di matrice cattolica quasi tutti con Richetti. E dire che in realtà, se si sorvolasse davvero su queste distinzioni (come peraltro tutti dicono di voler fare), i due hanno molto in comune a guardare le biografie: nessuna laurea, nessuna specializzazione, nessuna esperienza all’estero, un curriculum di incarichi politici e amministrativi, entrambi ora convinti supporter del premier. Insomma, politici di razza. Anche per questo Roberto Balzani appare oggettivamente un outsider: renziano pure lui della prima ora (ma senza incarichi di rilievo nel partito), ma con un passato, udite udite, da repubblicano, docente universitario, ex sindaco di Forlì. Unico tra l’altro a indicare in modo netto una volontà di discontinuità su questioni come Hera e a contrapporsi a Vasco Errani (il che, almeno da questi parti, è un peccato originale mica da poco). Un outsider, appunto, ed è chiaro che la partita, soprattutto dentro il partito, resta tra i due politici puri, con i sostenitori di Richetti che chiamano ancora una volta i “cittadini” al voto contro “l’apparato”, scordando forse che intanto anche loro sono diventati almeno un po’ “apparato”. Vero è che come andrà a finire lo stabilirà innanzitutto il numero di persone estranee alle logiche di partito che andranno a votare. Ma, come si diceva all’inizio, la stanchezza potrebbe avere la meglio. Anche se la posta in gioco è, per la verità, di fondamentale importanza. E intanto, peraltro, fuori dal Pd, a destra e a sinistra, tutto tace.

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