Che silenzio sui due miliardi di passivo della Cmc

StampaIl sindaco di Ravenna ci ha messo un punto esclamativo nel suo comunicato inviato alla stampa, un inedito per uno come Michele de Pascale che dosa le dichiarazioni pubbliche con il bilancino: “Un’ottima notizia per tutta la nostra città e non solo!”. Il riferimento è all’approvazione definitiva del tribunale di Ravenna, arrivata il 29 maggio 2020, per il concordato richiesto dalla Cmc un anno e mezzo prima. Altrettanto entusiasmo dal presidente della cooperativa Alfredo Fioretti, al timone dal 2017, il giorno dopo sul quotidiano Il Resto del Carlino: «Siamo arrivati a cogliere un risultato incredibile. Sono veramente molto felice».

Se chiedi un concordato significa che hai dei debiti e nel futuro c’è un rischio di fallimento. L’approvazione del concordato scongiura quel finale. Ma non cancella l’esposizione. Il passivo totale della coop è quasi due miliardi di euro (l’ordine di grandezza con cui si misurano le manovre finanziarie degli Stati). Per i 1.300 creditori è stata definita la percentuale di credito che potranno riavere e in quanto tempo: pochi più fortunati (leggi privilegiati) avranno tutto entro un anno, gli ultimi (leggi chirografari e oltre) avranno un decimo attorno al 2030.

Ma chi, dove, come e quando ha causato la passività? Qualcuno ha intenzione di chiederlo (politicamente) a chi sta ai vertici della cooperativa? Se si esclude la lista Ravenna in Comune, finora la politica, anche quella di opposizione, non ha fatto commenti sulla vicenda, non ha chiesto chiarimenti. Ma la dimensione della cosa è talmente imponente che ci si potrebbe anche aspettare una presa di parola spontanea, oltre alle carte consegnate ai giudici e approvate. Il soggetto coinvolto ricorda così spesso l’etica dei valori cooperativi del suo dna che un atto di tanta trasparenza sarebbe perfettamente in linea. Obbligatoria? No. Fattibile? Certo. Invece in questi diciotto mesi di travaglio per arrivare all’omologa è proseguita la nota ritrosia di via Trieste a comunicare. Le relazioni con i media sono ufficialmente affidate a quotate agenzie di Milano che alla prova dei fatti tengono rapporti soprattutto con qualche giornale più amico di altri e vergano più che altro comunicati forse un po’ troppo edulcorati. Un esempio: nel 2018 si annunciava il nuovo dg parlando di «grandi ritmi di crescita» e quattro mesi dopo Cmc bussava in tribunale. La pagina Facebook ha 5mila fan (8mila sono gli occupati in giro per il mondo) e ha fatto sei post negli ultimi diciotto mesi, nessuno sul concordato. “La Betoniera”, house organ della coop consultabile sul sito, è uscita a ottobre 2018 senza accenni di crisi.

Il sindaco dice anche che «nella ripartenza (post pandemia, ndr) è importante che la città e il Paese possano usufruire delle competenze di una protagonista assoluta come Cmc». Vale la pena ricordare che Cmc da tempo ha il 60 percento del suo giro d’affari all’estero e le ricadute locali si esauriscono in qualche occupato e poche sponsorizzazioni. Forse all’Italia e a Ravenna interessebbe sapere altro. Ad esempio cosa è successo alle dighe in Kenya, perché venne spostata lungo il Candiano una bomba, perché una cooperativa costruì un albergo di lusso su commissione della finanziaria di Gheddafi, come mai i fanghi dragati al porto di Ravenna sono rimasti nelle casse di colmata oltre i tempi autorizzati, perché il bitumificio in darsena ci ha messo così tanto a chiudere…

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